Forse dipenderà dal fatto che sono un
prodotto della guerra fredda, in quanto nato e cresciuto dalla fine
degli anni '60 del secolo scorso, però non ho mai dato molto credito
– a differenza dei tanti kompagni che
ho avuto modo di conoscere e frequentare in vita mia – alle
incredibili capacità tecniche – nel
senso che le ho (quasi) sempre trovate non credibili
– della Russia (ex) sovietica, almeno fino a quando non siamo
usciti dalla leggenda, nella quale buona parte degli armamentari
erano avvolti, per entrare nella realtà oggettiva dei
fatti.
Certo,
certe cose erano comunque accreditate come valide, anche da parte
dello studioso più partigiano e filo-occidentale di questo mondo,
però, specie per i giocattoli di fabbricazione più recente, dei
quali si dicevano cose mirabolanti, le ho sempre prese cum
grano salis, soprattutto per il
fatto che qui, in Itajia, tendiamo sempre e comunque a prendere per
oro colato quello che fanno gli altri, salvo poi spalare sterco su
quello che facciamo noi.
Come
per tutte le cose, ci vuole il giusto mezzo ma soprattutto occorre
avere qualche dato di fatto statisticamente
valido per
potersi fare un'opinione il più possibile oggettiva.
Tutto
questo preambolo, per presentare una mia recentissima scoperta,
assolutamente casuale (stavo cercando ben altro, in realtà) di un
veicolo, anzi, una serie
di
veicoli, autoctoni russi,
largamente impiegati prima e durante la Grande
Guerra Patriottica,
specie nelle zone più disagiate dell'Unione, quelle che – durante
i lunghi mesi invernali – diventavano più impraticabili di quanto
già non fossero durante la bella stagione, fino al punto di impedire
de facto il
transito di qualunque altro tipo di veicolo (a parte forse le slitte
trainate da cavalli ma anche su questo non ci metterei la mano sul
fuoco).
Dopo
lunghe ricerche sul web, una volta preso al laccio dalla curiosità,
ho così scoperto che dietro questi giocattoli c'erano nomi del
calibro di Sikorski e
Tupolev,
cioè due dei pesi massimi nel campo dell'ingegneria aeronautica, il
primo dei quali, tra l'altro, transfuga negli States, dove fece
fortuna nella progettazione di elicotteri per lo Zio Sam.
Orbene,
durante la loro... giovinezza professionale, si cimentarono con la
progettazione e la costruzione di questi che in russo vennero
definite – senza molta fantasia, per la verità – Aerosan
ovvero
Aeroslitte in
quanto proprio di questo si trattava: slitte dotate di pattini,
realizzate in compensato o lamierino leggero, dotate di controlli
abbastanza rudimentali e propulse da eliche
da aereo mosse
inizialmente da motori
radiali
di derivazione aeronautica (spesso e volentieri residuati recuperati
da velivoli disastrati ovvero di tipo obsoleto) sostituiti poi –
specie per i modelli più leggeri – da normali motori
automobilistici, anche perché, dopotutto, 'sti cosi dovevano
scivolare sul
terreno, mica prendere il volo...
Il
risultato finale era un mezzo sufficientemente agile e manovrabile ma
soprattutto in grado di andare là, dove nessun altro era stato prima
(no, non nello spazio, più prosaicamente sulle distese innevate
delle immense steppe siberiane) tra l'altro ad una discreta velocità
(per i tempi), si parla di 35-50 kmh insomma...
Già
durante la Guerra
d'Inverno (come
i russki chiamano l'aggressione alla Finlandia del '39) qualcuno si
rese conto che potevano essere eccellenti mezzi per restituire
mobilità alle colonne sovietiche impantanate nella neve contro i
rapidissimi e micidiali reparti di fucilieri sciatori finlandesi,
così come – un paio d'anni dopo – si rivelarono efficacissimi
per puntate offensive e ricognizioni dietro le linee nemiche, specie
in appoggio dei reparti sciatori, contro gli invasori nazisti.
Allo
scopo, quasi tutti gli aerosani
impiegati
vennero dotati di mitragliatrici (da quel che posso determinare dalle
fotografie, principalmente Goryunov
SG/SGM e
Degtyarev
DP/DPM calibro
7,62mm anche se stavo leggendo che sui modelli “corazzati”
qualcuno ha usato anche le Degtyaryov-Shpagin DshK-38
calibro
12,7mm), né più e né meno di quanto faceva la Wermacht con i suoi
motosidecar BMW; l'impiego, di fatto era più o meno lo stesso, anche
perché non era consigliabile impiegare questi scatoloni di legno e
latta (anche quelli corazzati
di fatto avevano una piastra d'acciaio spessa 10mm saldata sull'arco
frontale, sufficiente a tenere alla larga le pallottole di piccolo
calibro ma poco altro) in azioni di attacco frontale, specie se il
bersaglio disponeva di artiglierie, in quanto la maggior parte degli
aerosani (come si può ben vedere) erano scoperti ed estremamente
vulnerabili agli attacchi con esplosivi e alle schegge di granata.
Forse
è proprio per questa serie di limitazioni tattiche che questi
giocattoloni, frutto di una certa ingegnosità ruvida e
utilitaristica ma estremamente efficace, a mio modesto parere, non
hanno avuto un posto più in vista nei libri di storia, certamente
facevano molto più impressione i possenti T-34 e KV-1 o gli Ilyushin
Il-2 Šturmovik, che non 'ste carrette a vento, eppure dovevano avere
il loro perché.
A
noialtri non resta quindi che rendere un doveroso omaggio a questi
veicoli, riesumandoli dall'oblio nel quale sono finiti dopo la
guerra.