Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

martedì 9 marzo 2010

Per la serie: A me Ken il Guerriero me fa 'na...

Qualcuno un tempo disse che “non di solo pane vive l'uomo...” e qualcun altro aggiunse: “posso fare a meno di tutto, fuorché del superfluo...” e ad esser sinceri, ritengo che avessero entrambi fottutamente ragione, anzi, di più, i due concetti si completano vicendevolmente, in quanto – da che ho l'età della ragione (o dell'irragionevolezza, fate vobis) – ho sempre ritenuto che se la vita di un essere umano dovesse basarsi solo su mangiare, bene, dormire e – una tantum – fornicare (al solo scopo riproduttivo, badate bene, che altrimenti i preti di ogni rango, fede e religione s'incazzano come coguari) e soprattutto sgobbare per procurarsi quanto sopra, tanto varrebbe spararsi un colpo prima della maggiore età e lasciare agli altri anche la fatica di portarci al cimitero.
Intendiamoci, con questo non voglio fare certo l'apologia di Michelaccio, bensì affermare che c'è di più e di meglio nella vita di un essere umano che preoccuparsi della mera sussistenza; è proprio questa ricerca del superfluo, diciamo così, che ci rende dissimili dalle bestie, che – altrimenti – ci sarebbero di gran lunga superiori in tutto il resto, visto che sono maestre nell'arte della sopravvivenza e che lo fanno da ancor prima che l'uomo comparisse sulla faccia della Terra.
Ora, dopo questo breve excursus gualkon-filosofico, passiamo all'argomento della giornata, vale a dire l'ultima botta da matto del sottoscritto, in senso buono, ovviamente.
Come i più sagaci tra i miei 2 lettori abituali avranno intuito già dall'immagine di testa, ho aggiunto un nuovo pezzo – anzi, tre – alla mia collezione di lame da combattimento.
Che c'è? Sorpresi? Delusi?
E che avevate capito, che collezionassi femmine desnude?
Magari fosse, ma co'sti chiari de luna, come farei a mantenerle e a dargli da mangiare, povere bestie!?
Scusate la boutade... ordunque dicevo che questa collezione è iniziata parecchi anni fa, quando ho cominciato ad acquistare quei classici coltelli da collezione nelle bancarelle alle fiere e mercatini di tutta la penisola, ad imperituro ricordo del mio passaggio in questo o quel paese.
Il primo pezzo, che conservo – ed uso – ancora con grande affetto, fu una pattada originale sarda, acquistata – manco a dirlo – in una coltelleria di Macomer quando servivo la Patria in terra di Sardegna.
A quel primo coltello, un pezzo assolutamente utilitaristico, ne sono seguiti nel corso degli anni molti altri, passando per i coltelli da caccia e per uso promiscuo, ai multiuso fino ad arrivare al mio primo vero pezzo da combattimento, un coltello da lancio ed infine al mio primo Ka-Bar vero e proprio, un bel pezzo di acciaio al carbonio brunito, modello usato dagli Incursori dei Marines durante la Guerra nel Pacifico.
Quello che mi ha però sempre affascinato sono le lame lunghe prima fra tutte la mitologica Katana, arma principale e simbolo stesso dei Samurai nipponici; meglio ancora, sarebbe stato poter mettere le mani sul classico Daisho – cioè l'insieme di spada lunga (Katana) e corta (Wakizashi) – che era il vero simbolo della classe sociale dei Samurai.
In realtà, non è difficile procurarsi delle repliche anche nel Belpaese (tentare di procurarsi un pezzo originale equivarrebbe ad un suicidio, economico e soprattutto legale, visto che anche il solo possesso di una lama lunga, specie se storica, prevede tante di quelle beghe, licenze e cavilli da riempire un volume) solo che il problema, almeno nelle grandi città, risiede nei venditori, come al solito, che su questo genere di articoli lucrano in maniera schifosa.
Ordunque, per poter acquistare/vendere una lama superiore ai 30 cm questa deve necessariamente essere priva di filo... badate bene, non di taglio, altrimenti non sarebbe manco una lama, ma di filo: non dev'essere cioè in grado di offendere al contatto.
Sembrerebbe questa una classica questione di lana caprina, ma vi assicuro che non lo è affatto, perché, come spiegava bene il mio vecchio maestro di Karate, prima di rincoglionirsi del tutto, ci si può fare seriamente del male anche adoperando una Shinai (la classica spada di bambù usata dai praticanti di kendo) per non parlare del Bokken – la tipica “katana di legno” rigida che pur essendo di liberissima vendita anche per i minorenni come “articolo sportivo” fa veramente i bozzi!!! - figuriamoci quindi cosa potrebbe accadere a chi dovesse sorbirsi sulla capoccia 1 chilo e mezzo di acciaio inox 440 dato, per l'appunto, di taglio.
Potrà anche non essere affilato, ma vi assicuro che sull'ossa fa tanto, tanto male!
Dopotutto è una fola bella e buona che le tanto decantate spade dei cavalieri medioevali nostrani fossero affilate: con l'uso di armature metalliche tipiche delle nostre latitudini, una lama siffatta avrebbe perso il filo al primo assalto; le spade erano quindi armi da botta, che concentravano sul taglio l'energia cinetica accumulata nel fendente; erano anche spesso smussate in punta, visto che solo un malato di mente (o Errol Flynn nei suoi film di cappa e spada) avrebbe mai cercato di infilzare un guerriero corazzato nel bel mezzo di una mischia.
Tornando a bomba, il mio set – completato ed impreziosito anche dalla presenza di una lama in stile Tanto per fare pendant con le due spade – l'ho invece trovato durante una delle mie occasionali ricerche su eBay... stavo cercando un pezzo che manca da troppo tempo alla mia collezione, il coltello denominato Black Tanto, fusione tra una lama in stile Tanto giapponese con l'impugnatura ergonomica del Ka-Bar statunitense, il tutto realizzato in acciaio al carbonio tagliato a laser, molato a diamante e brunito a freddo, un piccolo capolavoro per il quale, nel lontano 2004 spesi una 70ina di euro per farmelo spedire direttamente dalla fabbrica negli States ma che invece – complice il famigerato Patriot Act di Giorgino Boscaglia – alla fine non mi fu mai consegnato.

Certo, avrei potuto comprarlo in una qualunque armeria di Roma, solo che i cani che le gestiscono pretendono fino al triplo del suo controvalore in dollari, così come le varie coltellerie capitoline sono capaci di chiedere anche 70-80 euro per la singola Katana made in China realizzata per giunta in acciaio tenero, che pesa un accidente e si piega all'impatto come uno stuzzicadenti.
Ovviamente c'era un solo luogo in cui poter trovare queste lame ad un prezzo veramente stracciato e questo è – come al solito – San Marino dove, paradiso fiscale a parte, la vendita di certi articoli, anche “veri” e perfettamente funzionanti, è assolutamente libera e soprattutto a buon mercato.
Tanto perché i sanmarinesi sono si italiani, ma non italioti, il servizio reso, a fronte di un prezzo comparativamente ridicolo, è stato di primissima classe ed anche il prodotto, come avete potuto vedere, è di prim'ordine... non vedo l'ora di farlo... vedere al prossimo rompicoglioni che osa penetrarmi in casa per piazzarci l'ennesima, inutile (e costosissima) porcheria approfittando della dabbenaggine dei miei vecchi...

domenica 7 marzo 2010

La fine di un mito (che non c'era mai salito)...


è notizia di questi giorni, ormai ampiamente confermata, che la statunitense GM chiuderà definitivamente la sussidiaria Hummer compagnia fondata nel 1992 per sfruttare lo straordinario successo presso il pubblico ameridiota (e non solo) del Mezzo Ruotato Multiuso ad Elevata Mobilità dopo aver inutilmente cercato di cederla a destra e a manca e perfino ai cinesi che – com'è loro solito – hanno invece approfittato dell'occasione per venire, vedere, copiare e mettere in vendita la loro brutta copia made in China.

Prodotto a partire dai primi anni '80 come successore della famosissima Jeep della Seconda Guerra Mondiale e rivelato al grande pubblico durante l'invasione di Panama del 1989, questo autocarro tattico leggero colpì immediatamente l'immaginario (bacato) dei nostri amici al di là dello stagno che cominciarono da subito a fare clamore per ottenerne uno.
Era quella, negli States, l'epoca delle station wagon e dei pick-up e i fuoristrada puri li usavano solo vaccari e contadini... ma l'Hummer (come venne battezzato ufficiosamente il nuovo veicolo) era semplicemente... troppo tanto per essere ignorato e fu così che un mezzo militare – rivelatosi tra l'altro nel corso degli anni di assai dubbia utilità, specie sul moderno campo di battaglia – fu trasformato nell'ennesimo, costoso giocattolo, per la gioia dei frustrati e dei castrati di tutto il mondo che, in groppa al loro poderoso (o meglio ponderoso visto quant'è grosso e ingombrante) destriero, potevano finalmente vendicare il loro ego malato.
Di lì a poco si sarebbe scatenata la SUVmania che ha invaso le strade di tutto il mondo e sfondato le gonadi di tutti quegli automobilisti e pedoni ancora sani di mente che hanno quotidianamente a che fare con la SUVerbia dei possessori di questi inutili (oltreché dannosi) bidoni a quattro ruote (motrici).
La GM, invece, vide solo l'opportunità di fare soldi a palate e – complici non da poco la TV ed il cinema ameridioti, che in mille e un serial lo proponevano come “cavalcatura preferita” di questo o quel personaggio – ne ha smerciati in quantità industriale, con il placet dello Zio Sam che – da Giorgio Boscaglia padre a Giorgino Boscaglia figlio, passando per il trombeur de femmes Clinton – ha continuato ad acquistarne a carrettate per le forze armate, garantendo commesse e fiumi di danaro alla casa madre, né più e né meno di quanto hanno fatto i vari governicchi di (pseudo)centrodestra e di (pseudo)centrosinistra con i mezzi ruotati made in FIAT per le nostre gloriose forze (dis)armate, veicoli a malapena adeguati alla bisogna, com'è stato poi dolorosamente dimostrato all'atto pratico nelle recenti campagne in Iraq e Afghanistan.

Già, perché il maggior pregio dei veicoli “tipo Jeep” come le nostrana Matta o gli M151 MUTT americani (i successori della vecchia GP/Jeep della Willys del tempo di guerra) era proprio nella incospicuità del mezzo sul campo di battaglia: erano veicoli estremamente leggeri, dotati di grande mobilità, soprattutto di dimensioni contenute.
Niente a che fare con i mostruosi HUMVEE/Hummer americani o le loro controparti italiote, i VM90 che di fatto sono solo facili bersagli grosse e ingombranti come sono.

Tornando a bomba, in molti si sono chiesti come mai la principale casa automobilistica statunitense abbia optato per questa dolorosa operazione di dismissione; è vero che la GM naviga già da un po' in cattive acque, ma rinunciare addirittura all'autovettura (chiamiamola così per amor di patria) più rappresentativa (e meglio pubblicizzata) del settore dei SUV è cosa che non si spiega... o meglio, non si spiega finché non si da un'occhiata alle caratteristiche tecniche dell'odioso bidone semovente.

Già, perché in tempi di crisi nera a livello internazionale e privati del magna-magna garantito dall'ormai defunta Amministrazione Bush, e con in più alle spalle il più grande bagno di sangue americano dai tempi del Vietnam, solo per garantirsi la broda per far andare in giro felici e contenti coi loro bestioni da 5000 cc di cilindrata un branco di cerebrolesi, perfino gli ameridioti si sono resi conto che non è più possibile andare in giro con un mostro che fa 6 km/litro...

In tutto l'orbe terracqueo le vendite di queste aberrazioni su ruote calano vistosamente, con gli ordinativi scesi anche del 30-40%... dappertutto fuorché in un paese, dove il calo delle vendite di auto è arrivato a toccare il 25%, ma la vendita e l'immatricolazione dei SUV ha raggiunto un +20% alla faccia della crisi e del prezzo della broda in costante rialzo.

Indovinate un po' di che paese si tratta?