Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

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martedì 23 gennaio 2024

I carri armati del DVCE... ma made in U.S.A.!


 Il titolo di questo post vuole ovviamente essere una boutade, gli States non realizzarono mai un carro armato per il Regio Esercito, né prima, né tanto meno dopo la caduta del Regime.

Volevo semplicemente indicare quale... sfolgorante carriera ebbe l'implemento di distruzione di cui voglio parlarvi quest'oggi, il primo carro armato pesante mai realizzato negli States durante la Seconda Guerra Mondiale ma che non fu mai impiegato operativamente e non lasciò mai il territorio degli Stati Uniti continentali, secondo i più a causa di un cambiamento nel pensiero tattico da parte dei leader delle forze armate, più prosaicamente, secondo il modesto parere del sottoscritto, perché troppo grosso, pesante ed ingombrante per poter essere trasportato - specialmente nelle quantità richieste - fino ai campi di battaglia del teatro europeo, per il quale era stato concepito.

Stiamo parlando del carro pesante M6 o per meglio dire dei carri della serie M6, perché di fatto ne vennero realizzati tre, sulle stesse specifiche generali ma differenti per modalità costruttiva o equipaggiamento, ma andiamo con ordine.

Nel 1942 viene approvata la realizzazione di un progetto, iniziato nel 1940, con l'avvio della fase calda dei combattimenti in Europa, per la produzione del carro armato pesante denominato T1; il gigantesco mezzo corazzato, che richiama molto alla memoria i precedenti tentativi, da parte russa e tedesca, di realizzare il carro da sfondamento definitivo, sfociato nei fallimentari modelli multi-torretta come il T-35 russo ed il Panzerkampfwagen Neubaufahrzeug V/VI tedesco, venne standardizzato come M6 per l'appunto ed avviato alla produzione limitata a scopo di valutazione.

Le specifiche originali per il mezzo richiedevano un corazzato che pesasse almeno il doppio del carro medio M3 - appena entrato in produzione quantitativa - per essere impiegato come mezzo d'appoggio per le unità corazzate equipaggiate con questi carri, avere una corazzatura molto più pesante, che lo rendesse de facto invulnerabile alle armi anticarro tedesche presenti e preventivate ed un armamento principale di calibro non inferiore al 75 fino al massimo di 105mm.

Com'era pratica del periodo negli States, anche l'armamento secondario avrebbe dovuto essere formidabile con un cannone anticarro di piccolo calibro e mitragliatrici medie e pesanti posizionate in scafo e/o torretta.

Inizialmente il progetto precedeva una conformazione simile a quella del M3, con il pezzo principale nello scafo e l'armamento secondario in torretta ma venne poi riconsiderato e fu richiesto un carro dall'aspetto più convenzionale, con un'unica, grande torretta armata.

Il risultato finale era un mezzo nella classe delle 57 tonnellate, protetto da piastre di corazzatura dello spessore massimo di 83 mm. e mosso da un sistema propulsore da 800 cavalli che azionava i cingoli tramite un ingegnoso sistema di convertitore di coppia ed una sospensione con molle a volute orizzontali che supportavano 4 carrelli per lato o meglio: quattro doppi carrelli, perché ciascuna unità era composta da 4 ruote in un arrangiamento 2+2, 2 esterne e 2 interne, che correvano lungo quelli che erano di fatto due cingoli completi per lato, tenuti assieme da un connettore centrale, mentre i singoli elementi erano tenuti insieme da perni e si presentavano in acciaio all'esterno, sul lato a contatto col terreno, ed in gomma nella parte interna, a contatto con le ruote.

Le corone motrici erano montate posteriormente, i rulli tendi-cingolo erano due per lato: uno principale, regolabile, l'altro fisso, montato appena davanti al primo carrello.

Il gruppo moto-propulsore era composto da un motore a benzina Wright G-200 radiale a 9 cilindri erogante 800 cv al freno a 2300 giri/minuto; come tutti i propulsori a broda americani, beveva come se non avesse un domani e nonostante tutto non poteva spingere quella gran massa d'acciaio che ad appena 35 kmh a pieno regime. L'autonomia, come per tutti i carri armati statunitensi del periodo, era assai limitata, per non dire risibile: 1756 litri di combustibile a 80 ottani per 160 km di autonomia su strada, quando ti diceva bene!

Non c'era albero di trasmissione: la potenza generata dal motore era convertita direttamente in forza motrice per mezzo di un convertitore di coppia montato subito dietro il propulsore ed azionato da un apposito pedale dal conducente. 

La trasmissione prevedeva infine due marce avanti ed una indietro.

Dal momento che il Dipartimento Armamenti non riusciva a decidersi, si decise salomonicamente di realizzare entrambi i prototipi, sia quello con scafo e torretta realizzati in acciaio colato, sia quello con torretta ottenuta per fusione e lo scafo realizzato in piastre saldate.

L'armamento, come detto più sopra, era stato portato in torretta: un cannone ad alta velocità, di derivazione contraerea - come lo era il famigerato 88 tedesco - da 3 pollici di calibro, denominato M7, con un cannone anticarro M6 da 37mm montato coassialmente, entrambi i pezzi erano girostabilizzati, una grande novità per il periodo.

Sul cielo della torretta trovava posto una mitragliatrice M1919A4 calibro .30, brandeggiabile, in funzione antiaerea; per quest'arma era disponibile un treppiede, trasportato sul carro, per l'uso dell'arma smontata. Sulla parte anteriore dello scafo trovavano posto ben 3 mitragliatrici: 2 M2HB calibro .50 - montate in caccia - ed un'altra M1919A4 brandeggiabile per la difesa ravvicinata.

La dotazione di armi a disposizione dell'equipaggio era completata da due moschetti automatici - immagino fossero dei Thompson M1 - calibro .45 e 12 bombe a mano.

A bordo del mezzo trovavano posto 75 granate da 3 pollici, 202 da 37mm, 5700 munizioni calibro .50 e 7500 calibro .30, più 1200 colpi per i moschetti automatici!

La protezione corazzata (includendo la sagomatura e l'inclinazione delle piastre) era equivalente a 100 mm sull'arco frontale dello scafo e 83mm in torretta tutto attorno.

Una volta completati i prototipi e messi in produzione i modelli di pre-produzione, il Comando dell'Esercito, dopo la constatazione dei primi, immancabili difetti venuti alla luce durante i collaudi, optò per la produzione di un ulteriore modello, il T1E1, caratterizzato da una nuova modalità di propulsione benzina/elettrica, dove il motopropulsore Wright azionava un generatore a corrente continua che a sua volta alimentava due motori elettrici, uno per cingolo. 

La manovrabilità, a quanto è dato sapere, migliorava notevolmente ma non le prestazioni generali, che erano sempre limitate ad una trentina di chilometri orari.

Per rendersi conto di che specie di mastodonte fosse, le dimensioni erano 7,54x3,11x2,99 metri per un peso di 57,38 tonnellate.

Per quanto concerne le altre prestazioni del mezzo, i carri M6 potevano superare una pendenza del 60%, attraversare un fossato di 3,35 m, scavalcare un ostacolo alto 0.91 m ed una capacità di guado di 1,22 con un indice di ribaltamento laterale di 32°.

Tornando a quanto dicevo all'inizio del post, di questo carro alla fine non ne vennero realizzati che 40 esemplari, tutti utilizzati in patria a scopo sperimentale ergo propagandistico. Così com'era accaduto nell'Ittalia faSista con i famigerati 'carri del dvce', dove i mezzi migliori del Regio Esercito, anziché inviati al fronte, venivano trasferiti di volta in volta su e giù per lo stivale in occasione di parate e manifestazioni di regime perché ne erano stati prodotti solo pochi esemplari, la carriera bellica dei carri serie M6 fu spesa in varie manifestazioni propagandistiche ad uso e consumo del contribuente americano, mentre le truppe al fronte dovevano cavarsela con gli assai meno performanti - in termini di protezione ed armamento - M3 e M4 Sherman.

I mezzi, entrati 'in linea' nel '42, furono dichiarati obsoleti nel dicembre del 1944 e avviati alla rottamazione ovvero divennero pezzi da museo. Secondo alcuni esperti, come sir Ian V. Hogg, se si fosse insistito e provveduto a migliorare il mezzo, magari alleggerendolo, avrebbe potuto essere un degno avversario per i Tigre e i Pantera tedeschi e un temibile concorrente per i carri pesanti sovietici delle serie KV e JS ma gli alti comandi alleati preferirono affidarsi alla quantità anziché alla qualità fino all'avvento del M26 Pershing, l'unico carro pesante a stelle e strisce che sia mai entrato in linea nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

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