Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

giovedì 18 luglio 2013

Che ce l'ha i giornaletti zozzi?... I che!?


Post estivo leggero ma allo stesso tempo indicativo del passaggio di un'epoca, quello di oggi, all'insegna del pornazzo cartaceo che un tempo allietò (si fa per dire) le curiosità... anatomiche di legioni di adolescenti e forniva un passatempo (oltreché uno sfogo) a tutti quei poveri maschietti che – tagliati fuori per svariati motivi – dalla possibilità di avere compagnia femminile, si... rifacevano gli occhi fantasticando sulle bellezze ritratte su quelle pagine.

Solo per fare un esempio che conosco molto bene, quando militavo nelle FF.AA. questi giornaletti (come venivano regolarmente chiamati) erano la... lettura d'ordinanza della truppa e di buona parte dei sottufficiali anziani; i signori ufficiali invece era notorio che avessero ben altre... possibilità per sollazzarsi, mentre i sottufficiali giovani erano stranamente molto... pudici e casti (a parole): quelli con i quali lavoravo io, diventavano rossi come peperoni quando il maresciallo di turno sfoderava dal suo cassetto segreto (di pulcinella, perché lo sapevano cani e porci dov'era e cosa c'era dentro) un qualche bel esemplare extralarge di rivista molto, molto osé.

Tornando a noi – anzi, a me – c'era un altro uso assai meno pecoreccio (o meno congruo, fate voi) per la miriade di riviste hard, specie quelle più grandi, patinate (e costose) che andavano in giro per le edicole nei bei tempi andati ed era lo studio anatomico e del... atto riproduttivo ad uso e consumo delle nuove generazioni di aspiranti fumettisti del Belpaese (e non solo, immagino).

So che qui non l'ho mai detto prima ma ci fu un tempo – ormai lontano – in cui anche il sottoscritto tentò di dedicarsi alla carriera di disegnatore di fumetti professionale, ragione per la quale frequentai un'apposita scuola dove insegnavano tutto lo scibile umanamente disponibile, dalla A alla Z, per diventare veri fumettisti nel senso più completo del termine.

Pochi lo sanno ma il vero disegnatore di fumetti non è un divo che si può permettere di fare quel cavolo che gli pare ma solo un bravo (si spera) mestierante che solo dopo anni di duro lavoro, quando e se viene scoperto ed apprezzato, avrà poi la possibilità di essere considerato un autore e presentare le sue opere ad un editore con qualcosa di più della semplice speranza che vengano pubblicate.

Quindi va da sé che un vero disegnatore deve essere in grado di realizzare (entro i suoi limiti e al meglio delle sue possibilità) qualunque cosa o genere gli venga proposto; una delle prime proposte – ed in generale lo scoglio più duro da superare – si trova alla lettera P... si, avete intuito perfettamente di che si tratta: P come porno.

Da sempre è il genere – letterario, fumettistico, cinematografico (nonché pittorico e di qualunque altra arte figurativa dall'antichità ad oggi) – che tira di più, anche se il suo mercato è generalmente nascosto e quasi clandestino (è notorio che in certi paesi – ancora oggi, in pieno XXI secolo – il mero possesso di materiale pornografico è base sufficiente e necessaria per finire in galera o anche peggio!), con un fatturato di decine, se non centinaia, di miliardi di euro (o dollari) nel mondo.

Indovinate un po' qual'era di solito il primo lavoro pagante di un qualunque disegnatore di fumetti di belle speranze?

Ordunque, vi dicevo come, per quelli come me, vi fosse una... ragione prettamente utilitaristica per cercare di procurarsi qualche giornaletto – meglio ancora se era una rivista a colori di grande formato – porcelloso: quella di imparare dal vero, visto che dal vivo era in genere alquanto improbabile, tutti i segreti più reconditi dell'anatomia umana, specialmente quella femminile... questo in generale; in particolare, poi, erano di fondamentale importanza per studiare le posizioni e gli... angoli di ingresso, diciamo così, della figura umana durante l'atto sessuale, in quanto – 9 volte su 10 – il percorso lavorativo classico prevedeva, prima o poi (in genere più prima che poi) di cimentarsi con qualche fumetto per adulti, di quelli che andavano per la maggiore, specie nei bei decenni andati e che oggi sono stati pressoché universalmente sostituiti dalle produzioni cosiddette erotiche in cartonato extra lusso da libreria ovvero dai famigerati hentai manga di produzione nipponica (o presunta tale: sul mercato vi sono state decine di pubblicazioni di genere erotico/porno simil-manga fatte in Italia, in Francia o negli States).

Oddio, per dirla tutta, non è che le cose andassero così per forza ovvero che si trattasse di una regola base del mestiere... so per certo che vi sono molte altre scuole così politically correct che questo genere di discorso non lo affrontano manco da lontano.
Dal momento però che nella mia scuola gli insegnanti – a parte un paio di montati, troppo tronfi del loro successo per ricordarsi da dove erano venuti fuori e come avevano cominciato la carriera – erano tutti professionisti del settore, gente che lavorava per le maggiori case editrici del Belpaese (e non solo) nel settore – tanto bistrattato eppure così essenziale per i bilanci – dell'editoria a fumetti popolare.

Di questi ce n'erano un paio che stressavano fortemente l'esigenza di imparare a disegnare non tanto prendendo spunto da questo o quell'autore più o meno famoso, bensì dal vero, osservando la figura umana in tutte le sue sfaccettature e in tutti i suoi comportamenti, ivi compresi il sesso e tutto quello che gli gira intorno.
Uno di loro, in particolare, cercava – ove possibile – di portare a scuola delle modelle che lavoravano di solito per le Accademie d'arte; un altro, invece, era uso tagliare la testa al toro e dire esplicitamente agli allievi che se volevano davvero imparare a disegnare, facevano presto e meglio a procurarsi delle buone riviste (Playboy era un must a questo punto) ovvero delle riviste o dei giornali porno tout court, dove oltre ad una panoplia di modelle in pose più o meno esplicite avrebbero potuto vedere il corpo umano... in azione per così dire, maschio e femmina, così non mancava niente.

Inutile dire che – col senno di poi – una volta vinto l'iniziale imbarazzo (almeno per quanto riguarda gli altri, io ero già bello che adulto, vaccinato e per di più milite esente) l'approccio di quell'insegnante si rivelava vincente sulla lunga distanza, questo anche perché il disegno dal vivo sarà pure una gran cosa, ma i modelli non sono statue di sale e spesso bastava un lieve movimento per cambiare tutta la prospettiva, costringendoti ad andare a memoria oppure a modificare frettolosamente tutto il duro lavoro fin lì svolto.

Non solo: purtroppo per fare la modella non occorrono... doti particolari, specialmente fisiche, bensì solo la volontà di denudarsi davanti ad una platea di sconosciuti per mettersi platealmente in mostra e per ovvie ragioni, visto che le classi erano miste e consistevano di allievi di ogni fascia di età (più o meno), non posavano pressoché mai in pose particolarmente esplicite.
Questo, in soldoni, vuol dire che la stragrande maggioranza delle modelle assoldate dalla scuola non erano propriamente dei... campioni della specie umana; al contrario, se uno aveva la possibilità (in senso principalmente economico) di poter mettere le mani su una rivista hard platinata (magari di importazione estera, che erano in assoluto le migliori), era certo di trovarvi sopra un campionario di quanto di meglio (in campo estetico) la nostra specie avesse da offrire, non fosse altro perché i set fotografici a luci rosse hanno sempre stressato la perfezione dell'aspetto fisico delle loro modelle, con l'uso attento del make-up e di altre tecniche e con una... selezione del materiale umano in primo luogo molto attenta.

Certo, se uno era costretto ad arrangiarsi con i giornaletti zozzi di piccolo cabotaggio, magari pure in bianco e nero, la qualità generale del materiale umano a disposizione era piuttosto altalenante ma anche qui – col senno di poi – non era proprio da buttare via, in quanto su quelle pagine non trovavano posto solo strafighe da urlo e stalloni da competizione ma... esemplari umani di età e fisiologia molto differenti, una vera palestra per affinare le proprie matite.

Ora, durante la mia (non lunga) carriera di fumettista, mi è stato chiesto parecchie volte di produrre fumetti a carattere esplicitamente pornografico, anche se ero più apprezzato come sceneggiatore che come disegnatore e ne ho prodotti almeno una mezza dozzina, per conto della scuola prima e per il mio personale curriculum poi; la maggior parte non è stata mai pubblicata così come prodotti originariamente.
Solo anni dopo ho scoperto, da amici e conoscenti e soprattutto ex colleghi della scuola, che alcuni – non so bene nemmeno io quali – dei miei lavori (e non solo) sono stati poi utilizzati e dalla scuola come... materiale didattico (e fin qui non ci sarebbe niente di male, anzi) e da terze parti, che hanno sfruttato le idee e i soggetti facendoli poi realizzare ad altri schiavi apparentemente per il mercato del tascabile da edicola.

Non so se questo sia vero, purtroppo non ne ho mai visto uno con i miei occhi, ma visto lo schifo immondo in cui naviga anche il mondo – apparentemente meritocratico – dell'editoria a fumetti, posso essere quasi certo che sia la verità. Non che la cosa mi importi più di tanto, oggi come oggi; è un capitolo che ho ormai rimosso, dopo aver preso una sequela di atroci cantonate ed essere stato sfruttato e preso per il culo per anni.

Mi è tornata però la curiosità di vedere cosa ci sia oggi in giro, dal momento che l'ultima volta che ho acquistato qualcosa di cartaceo (ad eccezione dei book fotografici di cui qualche volta vi ho parlato) è stato nella prima metà degli anni '90 del secolo scorso.
Curiosità rimasta assolutamente insoddisfatta, in quanto – nonostante l'infinità dei giri che ho fatto per ben tre quartieri (tutti rigorosamente pedibus) e la quantità inverosimile di edicole e rivendite che ho esaminato – non c'è stato verso di trovarne una che sia una, da nessuna parte... solo una edicola, da sempre fornitore storico nel quartiere di materiale proibito ai minori, ha ancora qualcosa in esposizione, tutto rigorosamente in video però, anche se – anche da quel punto di vista – la cosa va pian piano sparendo, con la concorrenza spietata del web e dei videonoleggi automatici.

Ma la cosa che mi ha più perplesso, è stato in genere l'atteggiamento da educande della nouvelle generation di edicolanti, che hanno preso il posto dei coriacei omini de panza che un tempo gestivano questi... templi dell'editoria; quando ti rivolgi a loro, con discrezione, per non mettere in imbarazzo qualcuno, ti guardano tutti come se venissi da Marte e quando (se) ti rispondono, pare che non abbiano mai visto in vita loro non dico una rivista hard ma nemmeno quelle più soft come l'intramontabile (e decisamente poco osé) Playboy!
Con un tizio c'è mancato poco che dovessi fargli un disegnino per fargli capire cosa stessi cercando...

Un fenomeno singolare, specie per il nostro paese, perché mi risulta che all'estero – specie negli States – i grandi editori del settore vendono ancora – anche se solo online – riviste cartacee per tutti i gusti, solo che non è possibile procurarsele in quanto non spediscono oltreoceano ma soltanto in Nordamerica.

Visto che non ho letteralmente un cazzo di meglio da fare e che mi è tornata comunque voglia di riprovare a tenere la matita in mano – cosa che non faccio più (per i motivi di cui sopra) da quasi vent'anni – per vedere se sono ancora capace di produrre qualcosa, credo che a questo punto non mi resti che tentare la carta delle famigerate edicole del centro e/o di Prati, quelle che – almeno in epoche più risalenti – avevano addirittura una dependance sul retro, coperta da una tendina con su scritto Riservato ai soli adulti... se non altro sarà un modo come un altro per ammazzare il (troppo) tempo che ho a disposizione ultimamente e con l'occasione fare un po' di moto, che non guasta mai, prima di ritrovarmi nelle condizioni di un pachiderma impagliato per troppa sedentarietà.

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