Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

martedì 31 luglio 2018

Mark Zuckerberg is the new: “Avere la faccia come il culo”


Sì, avete capito bene, perché bisogna avere davvero la faccia come il culo per pretendere di mettersi a fare il Grande Fratello della grande rete globale, il vigilante che castiga il malcostume altrui, quando hai le chiappette chiacchierate, decine di migliaia di cause pendenti nelle aule di giustizia di 7/8 dell’orbe terracqueo e – dulcis in fundo – una denuncia da parte dei tuoi stessi azionisti per aver mentito spudoratamente (fosse la prima volta, tra l’altro) sull’andamento del lupanare che amministri, sul costante calo di utOnti e il conseguente crollo dei ricavi, come potete voi stessi verificare leggendo la notizia (che è già vecchia di qualche giorno ma passata rigorosamente sotto silenzio sui media nazionali) pubblicata da TGCom24: http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/facebook-arriva-la-prima-causa-contro-la-societa-e-zuckerberg-per-il-tonfo-in-borsa_3154772-201802a.shtml

E queste sono le parole d’ordine: calo degli utenti (che non vogliono più essere utOnti e come tali tartassati e presi costantemente per il culo) e il crollo del lucro che da essi proviene.
Perché, non smetterò mai di ripeterlo, c’è una ragione se c’è quell’ameno pulsantino col fottuto pollicione sotto qualunque puttanata venga postata su Facebook, così come c’è una ragione per il clickbaiting più becero che da sempre impazza su questo cazzo di (dis)social e sono i soldi: più clicchi, più il sor Mark introita, più i suoi sciacal… pardon, azionisti sono grassi, ricchi e contenti!

Peccato che, da qualche tempo a questa parte (diciamo da che è scoppiato negli States lo scandalo legato al Russiagate da parte della ormai defunta Cambridge Analytica) Zuckerberg e i suoi sysop si siano messi in testa di diventare i poliziotti del web, con conseguente censura e messa al bando di migliaia di utenti che – come il sottoscritto – stufi marci di essere sottoposti al vaglio da parte di un fottuto algoritmo (scritto coi piedi, tra l’altro e che non è in grado di distinguere il contenuto di un post), hanno scelto di migrare verso altri lidi dove non arriva la dittatura radical-chic fighetta e (pseudo) buonista (ma real-fascista) di questi ammassi semoventi di materia organica anfibia.

Sì, avete capito bene: anche il sottoscritto ha definitivamente mollato quella specie di lupanare informatico di Facebook, l’ho fatto dopo essermi ritrovato, per l’ennesima volta, il profilo bloccato ad insindacabile giudizio di un robot dopo aver subito per settimane le (nemmeno troppo sottili) minacce da parte del “team” della piattaforma concernenti alcuni miei post che – a detta loro – violano gli standard della comunità.

Dopo aver visto di quali post si trattava questa volta, mi ci sono fatta una risata e li ho ignorati platealmente ed è qui che ho commesso il crimine imperdonabile di lesa maestà: invece di prostrarmi e chiedere perdono in ginocchio (leggi: chiedere la revisione del giudizio), ho preso atto dell’ennesima violenza imposta sul sottoscritto e sono passato oltre.

In men che non si dica, ho avuto prima post censurati tout court, dopodiché siamo passati alle (nemmeno troppo velate) minacce di restrizioni sul profilo (puntualmente applicate, come ho poi saputo da amici e contatti) con l’oscuramento di ¾ dei post da me pubblicati nel corso dell’ultima settimana/dieci giorni, fino al blocco del profilo stesso, avvenuto proprio stamani, dopo esser stato informato che sono un fascista, razzista, xenofobo e omofobo (oltre che misogino, misantropo sed etiam licantropo) per aver osato scrivere le parole innominabili come negro, Hitler, Mussolini, gay, extracomunitario, omosessuale ma soprattutto frocio! (ahò, che volete, m’è scappato!) e il bello è che questi vocaboli facevano parte di post di denuncia ovvero di sfottò tra amici, scritti quando ero giovane e ingenuo, credevo ancora nella santità della libertà di pensiero e di libera espressione dello stesso, così come sancita dalla Costituzione vigente, soprattutto prima che prendessi la sana abitudine di… modificare talune parole proprio allo scopo di evitare contumelie e rotture di coglioni da parte dei fin troppi tizi che non sanno distinguere una battuta da un insulto.

Quel che mi fa più (amaramente) ridere è che tutto questo bailamme è iniziato quando ho avuto la pessima idea di iscrivermi ad un paio di gruppi chiusi su Facebook ufficialmente dedicati allo studio della storia militare.
Non l’avessi mai fatto!
A parte le continue contumelie, la gente che postava cose senza senso e completamente fuori tema o contesto e le fin troppe apologie di tesi quanto meno… controverse, diciamo così per carità di Patria, ho realizzato (troppo tardi) che per uno o due membri veramente interessati alla materia, ce n’erano a decine che appartenevano alle perniciose categorie dei revisionisti, negazionisti, revanscisti e puri e semplici nostalgici (capisc’a’mme).

Praticamente mi sono segato i coglioni da solo ed esposto evidentemente alle antipatie dei tanti (diciamo pure troppi!) utOnti che ho segnalato in due mesi di attività agli amministratori e moderatori del gruppo, fino a che non ne ho avute davvero le scatole piene di fare lo sbirro conto terzi e me ne sono andato.

Dopodiché il resto lo conoscete anche voi: io posso benissimo fare a meno di Facebook e delle sue menate, mentre Zuckerberg non può fare a meno dei poveri fessi come noi, che di fatto gli riempiamo le tasche con la nostra mera presenza e dal momento che sono stufo marcio di farmi prendere per il culo, il buon (sì, arrosto con le patate) Mark può benissimo baciarmelo (anche se non è carino come questo...)

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