Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

martedì 28 gennaio 2014

La più... occidentale delle Idol giapponesi...


OK, io sono sempre contento quando qualcuno che conosco o che apprezzo passa oltre, raggiungendo nuove vette professionali però, porco cane, ultimamente è in atto una vera e propria moria nell'ambito del adult entertainment con alcuni dei più bei nomi (diciamo così per carità di patria, va...) del panorama hard che stanno passando en masse al cinema mainstream.

Il primo caso (e il più noto) che ho riportato su questa pagina, qualche tempo fa se ricordate, è stato quello di Sasha Grey, passata ormai armi e bagagli al cinema di genere e ai serial TV, oggi voglio affrontare un nome forse meno famoso alle nostre latitudini ma che ha letteralmente spopolato... un po' più a oriente rispetto a noi, in Giappone, per la precisione.

La spettacolare starlette di oggi risponde al nome di Maria Ozawa, classe 1986 (poco più di una ragazzina, secondo i miei canoni attuali), ha cominciato a calcare le scene come AV Idol (lett. Adult Video Idol) nel 2005, appena diplomata, per la famigerata casa di produzione nipponica S1 dove riscuote un successo pressoché immediato grazie alla sua bellezza esotica (!?)... si, perché a differenza delle sue colleghe, Maria ha un fisico che assai poco richiama i canoni... classici della bellezza muliebre nipponica, in quanto – a differenza della collega americana di nascita ma etnicamente giapponese Asa Akira – la nostra bellezza di oggi è giapponese di nascita ma etnicamente mista, in quanto il padre è franco canadese.

È uno di quei tipici casi in cui l'ibrido è migliore del purosangue, in quanto Maria ha tutte le caratteristiche migliori di entrambe le razze, quella nipponica e quella occidentale/caucasica, con un fisico ben proporzionato e un viso dai lineamenti dolci ma con quegli occhioni da cerbiattona che, personalmente, mi fanno svalvolare.

Ora a differenza di quanto normalmente accade alle nostre latitudini, in Giappone la differenza tra un'attrice/modella mainstream ed una del adult entertainment è molto sottile e a volte confusa, tant'è che vi sono state moltissime attrici famose che sono transitate per il soft-core o per il porno tour court, così come c'è tutta una generazione di AV idols che passano tranquillamente nel mondo della TV o del cinema.

Da quelle parti, insomma, non stanno tanto a guardare il capello e aver fatto dei video hard non è qualcosa di cui vergognarsi, anzi: in molti casi è considerato un trampolino di lancio per farsi conoscere dal grande pubblico, lo stesso, cioè, che poi andrà a vedere i film al cinema o in TV... da questo punto di vista sono molto meno (falso)puritani e bigotti di noi occidentali.

Tra l'altro, se una è brava è brava e Maria Ozawa evidentemente le sue doti di attrice ce l'ha (dopotutto la sua carriera in video è cominciata in realtà nel 2002, quando – ancora studentessa – ha girato uno spot per la TV) ma ha abbracciato da subito la carriera di AV idol non per caso o perché è stata circuita da qualche vile mascalzone ma perché è stata sempre una... appassionata del genere, molto precoce, per di più: pare che amasse sollazzarsi davanti ad un bel filmetto o con qualche giornaletto... porcelloso già quando era al liceo, con le amichette ed è stata proprio una sua compagnuccia di scuola ad introdurla ai set a luci rosse (che per altro già praticava, anche se non è dato sapere chi fosse o con quale nome lavorasse).

Com'è, come non è, fatto sta che la Ozawa è passata tranquillamente dai set hard a quelli cinematografici e televisivi senza colpo ferire, dove ha guadagnato un buon successo, venendo richiesta anche all'estero, anche se proprio fuori dal Giappone ha avuto le sue belle grane, visto che gli altri paesi del sud-est asiatico non sono altrettanto tolleranti e larghi di manica, come in Indonesia (notorio feudo islamico – ed islamista – in Asia), dove la nostra ha lavorato in un film, salvo venire aggredita dall'equivalente del MOIGE nostrano per il fatto di essere una (ex) attrice porno.

Tornando a bomba, visti i suoi natali ed il fatto che (dicono) parla e scrive meglio in inglese che in giapponese, Maria ha espresso più volte il desiderio di... saltare al di là del Pacifico per... allargare i suoi orizzonti professionali, diciamo così, anche negli States e sul mercato occidentale in generale.

Peccato che abbia però espresso più volte la sua smaccata preferenza per i... pingoni made in Japan, rispetto a quelli nostrani.
Eppure – vedendo le sue... evoluzioni ginniche in video – non sembra affatto che la nostra mezza-giapponesina preferita abbia grossi problemi con le rande di grosso cabotaggio... che sia un velato caso di xenofobia?

mercoledì 15 gennaio 2014

Perché la cosa non mi stupisce?

Codesta edificante novella è davvero graziosa, peccato che non sia stata diffusa come avrebbe dovuto, ma si sa che quando in Itajia accade qualcosa che tange l'autorità militare, è un miracolo se qualcosa si viene a sapere sulle porcate che avvengono nelle nostre caserme, specie dopo l'immane boiata fatta dall'italico governicchio di stravolgere l'ordinamento militare per far accedere a tutti i costi le donne alle FF.AA., come se non fossero immaginabili le ricadute e le conseguenze della cosa, specialmente davanti all'istigazione a delinquere costruita a tavolino dagli apparati politico-militari con la creazione di un vero e proprio precariato militare al posto del previsto esercito professionale che, a conti fatti, di professionale non ha nulla ma che in quanto ad aberrazioni, ha dato la stura a tutta una serie di comportamenti criminali da parte dei militari in SPE specialmente se inseriti negli ambiti dei nuovi Centri Addestramento Reclute nel quale transitano tutti i... volontari che – pur di superare il corso indenni ed accedere ai ruoli – sono costantemente sotto botta di nonni e caporali, visto che – in caso contrario – basta una cazzo di nota negativa sulla scheda personale e ciao, còre! Puoi anche fare i bagagli e tanti saluti al secchio.

Tanto per cominciare e farvi un'idea più precisa di quello che sto dicendo, vi invito a leggere il seguente articolo, pubblicato qualche giorno fa sul Corriere della Sera e passato altrimenti quasi nel più assordante silenzio: http://www.corriere.it/cronache/14_gennaio_04/devi-offrirti-me-altri-quelle-notti-caporali-allieve-82a60b74-750c-11e3-b02c-f0cd2d6437ec.shtml

La vicenda è nata come spin-off dell'indagine sull'omicidio di Stefania Rea da parte del marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi... per quanto mi riguarda, non ci voleva la magistratura per sapere che la caserma di Ascoli era un lupanare in mimetica è cosa che denunciai in tempi non sospetti e in altri luoghi, attirandomi le... simpatie di tanta gente (specie di sesso femminile) quando sostenevo che la... riforma della riforma militare sarebbe stata – letteralmente – un troiaio... sapete come si dice, a pensar male si fa peccato... ma con determinati presupposti ci si azzecca e come!

Il problema di fondo, come al solito è che nelle caserme il controllo latita vistosamente da sempre, anche quando c'era la leva, ai miei tempi; troppe volte gli ufficiali si girano dall'altra parte o fanno finta di non vedere: io stesso, quando mi trovavo al CAR, il mio ufficiale comandante l'ho visto una volta, quando venne a contumeliarci le balle perché qualche deficiente l'aveva pernacchiato... altrimenti l'unica, altra volta in cui abbiamo avuto a che fare con un superiore è stato praticamente poco prima e durante il giuramento, dato che è previsto che i plotoni sfilino con un cazzo di sottotenente al comando... cosa abbastanza difficoltosa se il sottotenente in oggetto non sa manco come sei fatto e non ha mai condotto prima il plotone.

Nel frattempo, si era assolutamente in balia di caporali e sergentini... oddio, in balia è parola grossa, perché almeno noi avevamo un vantaggio, rispetto alle ero(t)iche volontarie che affollano i ranghi ai nostri giorni: se qualcuno cagava una volta di troppo fuori dal secchio, lo potevi sempre aspettare al varco e mostrargli – come dire – tutto il tuo disappunto, magari spazzolandogli le gengive (ma solo per una questione di igiene orale, sia ben chiaro) con le nocche.

Per la verità, devo dire che durante la mia vita militare non sono mai dovuto arrivare a tanto, senza contare che, se un qualunque graduato o un anziano, si fosse anche solo azzardato ad insultare qualcuno, specialmente nei ranghi, si beccava automaticamente il deferimento all'ufficio del comandante di compagnia per sciropparsi qualche giorno di consegna o – nei casi più eclatanti – un bel processo con conseguente punizione di rigore.

Altro che le immonde giustificazioni dell'avvocato del tromber de femme con i galloni (denominato G.M. dai giornali) attualmente indagato per molestie, violenza sessuale, coercizione e abuso di potere nei confronti delle reclute della caserma Clementi di Ascoli, per il fatto che aggredisse regolarmente e coram populo le sue... pupille con insulti e minacce... ma che cazzo dice questo azzeccagarbugli di merda?
Se ai miei tempi qualcuno si fosse anche solo azzardato a comportarsi come il famigerato sergente Hartmann di Full Metal Jacket, si sarebbe immediatamente trovato in un oceano di liquame a balbettare giustificazioni davanti al comandante, prima di essere assegnato alle cucine o peggio.

Ora che ci ripenso come i cervidi, ci fu un caso del genere, con un caporalmaggiore della seconda compagnia che provò a fare il grosso con i ragazzi suoi sottoposti, dando della checca ad un ragazzo davanti a tutti; non contento di essere stato cazziato e punito personalmente dal colonnello comandante, cercò di vendicarsi sulla sua precedente vittima nottetempo (come hanno sempre fatto tutti i vigliacchi di questo mondo).
Peccato che l'unica cosa che abbia ottenuto siano state un fracco di botte da parte dei commilitoni, che lo consegnarono poi al corpo di guardia.

Il giorno dopo, fu esposto (e per ben dieci giorni) al pubblico ludibrio, degradato e consegnato ai lavori forzati in caserma: in pratica il colonnello lo aveva condannato a costruire nel bel mezzo del percorso di guerra al centro della caserma – praticamente coram populo – una specie di casamatta (ovviamente assolutamente inutile), dalle fondamenta in su... quindi – da che mondo è mondo – specialmente nei centri di addestramento il turpiloquio, gli insulti e le minacce contro le reclute sono sempre stati proibiti e – il più delle volte, come dicevo all'inizio – cassati pesantemente.
Gli unici casi noti, quando e se accadevano episodi del genere, finivano per accadere quasi esclusivamente nelle caserme dove imperavano i cosiddetti corpi d'élite (praticamente alpini e paracadutisti).
Anche qui, però, questo accadeva era sempre e solo al riparo da orecchi e occhi indiscreti (ovvero con il placet dei superiori) e solo nel caso in cui la vittima stesse zitta e buona.

In tutti gli altri casi, i calci in culo si sprecavano, proprio perché l'Esercito Italiano non è più da un pezzo il Regio Esercito di mussoliniana memoria e nessuno può permettersi di aggredire o insultare impunemente l'ignobile truppa, nemmeno i signori ufficiali che non sono più gentiluomini di estrazione nobile da quel dì, così come i militari sono cittadini in armi e non più sudditi servi della gleba.

In fine dei giochi, sono contento che queste porcate stiano mano a mano venendo alla luce, nonostante i tentativi da parte degli alti comandi delle FF.AA. di rifarsi la verginità mostrando regolarmente in televisione i... brillanti risultati conseguiti dalle nuove leve (femminili); quelle sono solo la ciliegina sulla torta, la punta dell'iceberg... il marcio c'è, è molto più diffuso di quanto si pensi e soprattutto ben nascosto sotto la superficie, anche perché – ribadisco ancora una volta – è normale che queste cose accadano, quando sei un precario costantemente sotto ricatto anche solo per fare un anno di servizio di quella che non può che essere che definita come una leva camuffata con la sola differenza notevole che i marmittoni prendono un migliaio di euro al mese invece delle cinquemila lire di diaria che prendevamo noialtri per servire (obbligatoriamente) la Patria.

E come ho detto più volte, qui e altrove, per risolvere l'annoso problema dell'integrazione femminile nelle FF.AA. senza generare queste e altre aberrazioni, la soluzione c'è ed è semplicissima: basta reintegrare la leva militare obbligatoria cambiando semplicemente l'articolo della Costituzione dove si dice che Tutti i Cittadini Maschi concorrono alla Difesa della Patria... basta cancellare quella parola, discriminatoria e sessista così che tutti i cittadini – maschi e femmine – siano chiamati a servire la Patria.

C'è però un dubbio che mi tormenta, perché in tempi di crisi nera quando il servizio militare non è una vocazione ma viene visto, soprattutto al sud, come un modo come un altro per sbarcare il lunario, credo proprio che cotanto interesse da parte delle aspiranti, italiche guerriere, scemerebbe bruscamente nel momento in cui fossero chiamate a fare quello che milioni di italiani (uomini) hanno dovuto fare nel corso degli ultimi centocinquant'anni, da che è nato cioè lo Stato Italiano.

martedì 14 gennaio 2014

Giusto da noi...


Va bene che bisogna ottimizzare le risorse ed eliminare sprechi e ridondanze, specie per quanto riguarda l'ambito della sanità pubblica, però mi pare che si stia esagerando.

Guardate la fotografia a corredo di questo post, l'ho scattata meno di un'ora fa mentre facevo anticamera in una delle ASL locali... quando ho visto questa targa, non ho resistito perché consapevolmente o no che sia la scelta di accorpare determinate professionalità mediche, la battuta scatta in automatico.

 




Voglio dire, visto e considerato che nello stesso ambulatorio operano l'otorino e l'urologo, voglio almeno sperare che – tra una visita e l'altra – qualcuno si prenda la briga di... ripulire e sterilizzare le attrezzature mediche, altrimenti è come se gli utenti dell'otorino praticassero involontariamente una bella fellatio ai pazienti dell'urologo... si rischia concretamente di arrivare alla stessa situazione presentata in quella vecchia barzelletta, quella dove lui fa a lei, la prima notte di nozze: ed ora, amore, te lo metterò dove nessuno te l'ha messo mai... e lei: NO, ti prego, nelle orecchie no!

domenica 12 gennaio 2014

Corde, fiori e serpenti: Hana to Hebi, dal Giappone con furore


Aya Sugimoto, protagonista del remake della serie
Dopo una lunga, colpevole assenza, torniamo a parlare su queste pagine di un vero e proprio fenomeno cinematografico, una franchise che conta oggi più di mezza dozzina di titoli tra sequel e remake ed un... empia trasposizione perfino in animazione.

Stiamo parlando, abbastanza ovviamente di cinema exploitation made in Japan, anzi di quel fenomeno – nato negli anni '70 nel paese del sol levante – denominato Roman Porno, la versione nipponica del genere sexploitation piuttosto soft-core per quanto riguarda l'aspetto più... sex ma abbastanza peso per quanto riguarda gli aspetti più fetish e/o violenti della vicenda ma definito roman (contrazione di romantic) in quanto le improbabili eroine di questi film finiscono regolarmente per intrecciare una vera e propria relazione amorosa maledetta con i protagonisti maschili, che sono in genere i loro aguzzini e/o tormentatori.
Naomi Tano, la prima Shizuko cinematografica

Uno dei capostipiti del genere, come dicevo all'inizio, fu proprio questo Hana to Hebi (lett. Fiore e Serpente) del 1974, di impostazione prettamente BDSM che fu il capostipite negli anni '80 di una fortunata serie di buon successo, in patria come all'estero (tranne che in un certo posto, indovinate un po' quale?)

Minako Ogawa in Hana to Hebi Hakui Nawa Dorei
grazie soprattutto all'uso nel ruolo di protagoniste di alcune tra le più blasonate icone sexy del cinema nipponico dell'epoca, come lo sono da noi in quegli anni dive come Edvige Fenech o Gloria Guida, come Naomi Tani, (la Shizuko dell'originale nel '74) cui seguiranno nel ruolo Kaori Aso (Hana to hebi: jigoku-hen), Minako Ogawa (Hana to Hebi 3 Shiiku hen lett. Fiore e serpente: Punizione), che partecipa anche al successivo Hana to hebi: hakui nawa dorei (Fiore e Serpente: Schiava della corda in uniforme bianca) tutti usciti nel 1986 ed infine Shihori Nagasaka, protagonista di Hana to hebi: kyûkyoku nawa chôkyô (Fiore e Serpente 5: la magia delle corde – 1987) ultimo film della serie.

Shiori Nagasaka l'ultima protagonista della serie "classica"

Visto il grande successo, alcuni film della serie, come dicevo poc'anzi, verranno distribuiti anche all'estero (specialmente in Francia, che in quegli anni è la patria del cinema soft-core - e non solo - in Europa) fino a che, con il passare degli anni, non finiscono nel dimenticatoio.

È il 2004 quando qualcuno finalmente si ricorda della loro esistenza e decide di riesumare la serie proponendone un remake intitolato semplicemente Hana to Hebi che viene invece distribuito urbi et orbi fuorché – e te pareva! – nel Belpaese, dove, per quanto ne so, non è mai stato distribuito nemmeno nel circuito del home video; protagonista della nuova pellicola nei panni di Shizuko è questa volta Aya Sugimoto, che ritroviamo nello stesso ruolo anche nel sequel Hana to hebi II – Pari/Shizuko (Flower and snake 2 Paris/Shizuko) del 2005, mentre in Hana to Hebi 3 del 2010 il ruolo viene assunto da Minako Komukai.
Minako Komukai, attualmente l'ultima incarnazione
di Shizuko sul grande schermo...
Da quel poco che si sa, non è finita qui, perché sarebbe in fase di post-produzione l'ennesimo capitolo della saga: Hana to hebi: Zero che dovrebbe uscire quest'anno con Noriko Amada nei panni (almeno credo) dell'eterna vittima predestinata, Shizuko.

Rispetto all'originale del '74, la nuova versione, anziché ripercorrere pedissequamente lo script originale, pesca piuttosto a piene mani dal secondo film della serie, che vede sempre (con varianti) la seguente situazione: una ricca ed affascinante signora dell'alta borghesia viene rapita o attirata in una trappola assieme alla giovane figlia e sottoposta ad abusi e sevizie di ogni genere per mano di ignoti delinquenti.

Spesso e volentieri, quello che appare come un atto criminale da parte di ignoti, risulta essere invece una vera e propria transazione d'affari tra il marito e padre delle vittime e gli aguzzini, spesso e volentieri per motivi di debiti di gioco o altre tresche ricattatorie ovvero le vittime vengono consegnate ai loro aguzzini dai legittimi consorti per essere... istruite e/o rimesse in riga da un padrone professionista che ne addolcisca (a scudisciate) il carattere per rendere delle femmine altezzose e sprezzanti, delle schiave docili e servizievoli, il tutto, ovviamente facendo ampio uso di funi e cordame vario, moccolotti e tutto l'armamentario tipico di uno scenario bondage/sado-maso con la variante – prettamente nipponica – dell'uso estensivo di tatuaggi praticati sulle vittime.

Come si può vedere, se dal lato sessuale la cosa è (spesso) abbastanza sedata, non lo è dal punto di vista della violenza, ancorché psicologica, più che fisica (anche se ovviamente quest'ultima non manca), che può a volte risultare piuttosto pesante, con le nostre nolenti eroine legate e appese come salami in posizioni piuttosto scomode, oltreché sconce, seviziate con ogni mezzo possibile ed immaginabile.
Il successo di questa serie di film ha fatto si che – sempre negli anni 2005-6 – avvenisse una empia contaminazione con il mondo degli anime hentai, cioè con il mondo dell'erotismo in animazione, con una miniserie in tre episodi, intitolata come il film, che riprende pari pari le vicende del film ma con un twist decisamente più hard rispetto al live movie con attori, con abbondanti scene di sesso esplicito che ben poco lasciano all'immaginazione, oltre ad un'abbondanza di scene fetish basate sullo shibari (bondage estremo) e violenze a go-go, assai più pesanti rispetto a qualunque pellicola della serie, realizzate con animazioni di buon livello (anche se non eccelso, come accade invece per opere come Bible Black, MezzoForte o A Kite – quest'ultimo edito anche in italiano).

Ovviamente nella versione originale nipponica sono onnipresenti le ingombranti pixellature e le varie censure imposte dal codice penale giapponese ma non (per fortuna) nelle versioni francese e inglese, che sono uncensored e doppiate/sottotitolate nelle varie lingue dove – per quanto possa sembrare strano – differentemente dalla media di questi prodotti di nicchia i doppiaggi sono realizzati piuttosto bene, anche perché l'originale giapponese ha... parecchi peccatucci di sincronizzazione da farsi perdonare.

Purtroppo, com'è abbastanza di prammatica con questi film, anche se quasi tutti i titoli (specie i più recenti) sono reperibili nelle varie lingue europee in DVD, sono spesso considerati dei cult movie e come tali hanno prezzi tutt'altro che popolari, anche se (qui lo dico e qui lo nego) è possibile con un po' di pazienza reperirli online tramite i canali soliti di peer-to-peer e file-sharing, spesso anche in versione sottotitolata o con i sottotitoli a parte.
L'anime è invece disponibile sulle maggiori piattaforme di e-commerce (qualcuno ha nominato Amazon?) in edizione completa e versione integrale – specie quella in francese – per un prezzo più che abbordabile (per non dire ridicolo) rispetto allo standard delle produzioni animate di genere che – specie nel Belpaese e con poche, notevoli eccezioni – hanno dei prezzi assolutamente fuori mercato, quanto e più delle versioni live di importazione.