Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

martedì 9 marzo 2010

Per la serie: A me Ken il Guerriero me fa 'na...

Qualcuno un tempo disse che “non di solo pane vive l'uomo...” e qualcun altro aggiunse: “posso fare a meno di tutto, fuorché del superfluo...” e ad esser sinceri, ritengo che avessero entrambi fottutamente ragione, anzi, di più, i due concetti si completano vicendevolmente, in quanto – da che ho l'età della ragione (o dell'irragionevolezza, fate vobis) – ho sempre ritenuto che se la vita di un essere umano dovesse basarsi solo su mangiare, bene, dormire e – una tantum – fornicare (al solo scopo riproduttivo, badate bene, che altrimenti i preti di ogni rango, fede e religione s'incazzano come coguari) e soprattutto sgobbare per procurarsi quanto sopra, tanto varrebbe spararsi un colpo prima della maggiore età e lasciare agli altri anche la fatica di portarci al cimitero.
Intendiamoci, con questo non voglio fare certo l'apologia di Michelaccio, bensì affermare che c'è di più e di meglio nella vita di un essere umano che preoccuparsi della mera sussistenza; è proprio questa ricerca del superfluo, diciamo così, che ci rende dissimili dalle bestie, che – altrimenti – ci sarebbero di gran lunga superiori in tutto il resto, visto che sono maestre nell'arte della sopravvivenza e che lo fanno da ancor prima che l'uomo comparisse sulla faccia della Terra.
Ora, dopo questo breve excursus gualkon-filosofico, passiamo all'argomento della giornata, vale a dire l'ultima botta da matto del sottoscritto, in senso buono, ovviamente.
Come i più sagaci tra i miei 2 lettori abituali avranno intuito già dall'immagine di testa, ho aggiunto un nuovo pezzo – anzi, tre – alla mia collezione di lame da combattimento.
Che c'è? Sorpresi? Delusi?
E che avevate capito, che collezionassi femmine desnude?
Magari fosse, ma co'sti chiari de luna, come farei a mantenerle e a dargli da mangiare, povere bestie!?
Scusate la boutade... ordunque dicevo che questa collezione è iniziata parecchi anni fa, quando ho cominciato ad acquistare quei classici coltelli da collezione nelle bancarelle alle fiere e mercatini di tutta la penisola, ad imperituro ricordo del mio passaggio in questo o quel paese.
Il primo pezzo, che conservo – ed uso – ancora con grande affetto, fu una pattada originale sarda, acquistata – manco a dirlo – in una coltelleria di Macomer quando servivo la Patria in terra di Sardegna.
A quel primo coltello, un pezzo assolutamente utilitaristico, ne sono seguiti nel corso degli anni molti altri, passando per i coltelli da caccia e per uso promiscuo, ai multiuso fino ad arrivare al mio primo vero pezzo da combattimento, un coltello da lancio ed infine al mio primo Ka-Bar vero e proprio, un bel pezzo di acciaio al carbonio brunito, modello usato dagli Incursori dei Marines durante la Guerra nel Pacifico.
Quello che mi ha però sempre affascinato sono le lame lunghe prima fra tutte la mitologica Katana, arma principale e simbolo stesso dei Samurai nipponici; meglio ancora, sarebbe stato poter mettere le mani sul classico Daisho – cioè l'insieme di spada lunga (Katana) e corta (Wakizashi) – che era il vero simbolo della classe sociale dei Samurai.
In realtà, non è difficile procurarsi delle repliche anche nel Belpaese (tentare di procurarsi un pezzo originale equivarrebbe ad un suicidio, economico e soprattutto legale, visto che anche il solo possesso di una lama lunga, specie se storica, prevede tante di quelle beghe, licenze e cavilli da riempire un volume) solo che il problema, almeno nelle grandi città, risiede nei venditori, come al solito, che su questo genere di articoli lucrano in maniera schifosa.
Ordunque, per poter acquistare/vendere una lama superiore ai 30 cm questa deve necessariamente essere priva di filo... badate bene, non di taglio, altrimenti non sarebbe manco una lama, ma di filo: non dev'essere cioè in grado di offendere al contatto.
Sembrerebbe questa una classica questione di lana caprina, ma vi assicuro che non lo è affatto, perché, come spiegava bene il mio vecchio maestro di Karate, prima di rincoglionirsi del tutto, ci si può fare seriamente del male anche adoperando una Shinai (la classica spada di bambù usata dai praticanti di kendo) per non parlare del Bokken – la tipica “katana di legno” rigida che pur essendo di liberissima vendita anche per i minorenni come “articolo sportivo” fa veramente i bozzi!!! - figuriamoci quindi cosa potrebbe accadere a chi dovesse sorbirsi sulla capoccia 1 chilo e mezzo di acciaio inox 440 dato, per l'appunto, di taglio.
Potrà anche non essere affilato, ma vi assicuro che sull'ossa fa tanto, tanto male!
Dopotutto è una fola bella e buona che le tanto decantate spade dei cavalieri medioevali nostrani fossero affilate: con l'uso di armature metalliche tipiche delle nostre latitudini, una lama siffatta avrebbe perso il filo al primo assalto; le spade erano quindi armi da botta, che concentravano sul taglio l'energia cinetica accumulata nel fendente; erano anche spesso smussate in punta, visto che solo un malato di mente (o Errol Flynn nei suoi film di cappa e spada) avrebbe mai cercato di infilzare un guerriero corazzato nel bel mezzo di una mischia.
Tornando a bomba, il mio set – completato ed impreziosito anche dalla presenza di una lama in stile Tanto per fare pendant con le due spade – l'ho invece trovato durante una delle mie occasionali ricerche su eBay... stavo cercando un pezzo che manca da troppo tempo alla mia collezione, il coltello denominato Black Tanto, fusione tra una lama in stile Tanto giapponese con l'impugnatura ergonomica del Ka-Bar statunitense, il tutto realizzato in acciaio al carbonio tagliato a laser, molato a diamante e brunito a freddo, un piccolo capolavoro per il quale, nel lontano 2004 spesi una 70ina di euro per farmelo spedire direttamente dalla fabbrica negli States ma che invece – complice il famigerato Patriot Act di Giorgino Boscaglia – alla fine non mi fu mai consegnato.

Certo, avrei potuto comprarlo in una qualunque armeria di Roma, solo che i cani che le gestiscono pretendono fino al triplo del suo controvalore in dollari, così come le varie coltellerie capitoline sono capaci di chiedere anche 70-80 euro per la singola Katana made in China realizzata per giunta in acciaio tenero, che pesa un accidente e si piega all'impatto come uno stuzzicadenti.
Ovviamente c'era un solo luogo in cui poter trovare queste lame ad un prezzo veramente stracciato e questo è – come al solito – San Marino dove, paradiso fiscale a parte, la vendita di certi articoli, anche “veri” e perfettamente funzionanti, è assolutamente libera e soprattutto a buon mercato.
Tanto perché i sanmarinesi sono si italiani, ma non italioti, il servizio reso, a fronte di un prezzo comparativamente ridicolo, è stato di primissima classe ed anche il prodotto, come avete potuto vedere, è di prim'ordine... non vedo l'ora di farlo... vedere al prossimo rompicoglioni che osa penetrarmi in casa per piazzarci l'ennesima, inutile (e costosissima) porcheria approfittando della dabbenaggine dei miei vecchi...

domenica 7 marzo 2010

La fine di un mito (che non c'era mai salito)...


è notizia di questi giorni, ormai ampiamente confermata, che la statunitense GM chiuderà definitivamente la sussidiaria Hummer compagnia fondata nel 1992 per sfruttare lo straordinario successo presso il pubblico ameridiota (e non solo) del Mezzo Ruotato Multiuso ad Elevata Mobilità dopo aver inutilmente cercato di cederla a destra e a manca e perfino ai cinesi che – com'è loro solito – hanno invece approfittato dell'occasione per venire, vedere, copiare e mettere in vendita la loro brutta copia made in China.

Prodotto a partire dai primi anni '80 come successore della famosissima Jeep della Seconda Guerra Mondiale e rivelato al grande pubblico durante l'invasione di Panama del 1989, questo autocarro tattico leggero colpì immediatamente l'immaginario (bacato) dei nostri amici al di là dello stagno che cominciarono da subito a fare clamore per ottenerne uno.
Era quella, negli States, l'epoca delle station wagon e dei pick-up e i fuoristrada puri li usavano solo vaccari e contadini... ma l'Hummer (come venne battezzato ufficiosamente il nuovo veicolo) era semplicemente... troppo tanto per essere ignorato e fu così che un mezzo militare – rivelatosi tra l'altro nel corso degli anni di assai dubbia utilità, specie sul moderno campo di battaglia – fu trasformato nell'ennesimo, costoso giocattolo, per la gioia dei frustrati e dei castrati di tutto il mondo che, in groppa al loro poderoso (o meglio ponderoso visto quant'è grosso e ingombrante) destriero, potevano finalmente vendicare il loro ego malato.
Di lì a poco si sarebbe scatenata la SUVmania che ha invaso le strade di tutto il mondo e sfondato le gonadi di tutti quegli automobilisti e pedoni ancora sani di mente che hanno quotidianamente a che fare con la SUVerbia dei possessori di questi inutili (oltreché dannosi) bidoni a quattro ruote (motrici).
La GM, invece, vide solo l'opportunità di fare soldi a palate e – complici non da poco la TV ed il cinema ameridioti, che in mille e un serial lo proponevano come “cavalcatura preferita” di questo o quel personaggio – ne ha smerciati in quantità industriale, con il placet dello Zio Sam che – da Giorgio Boscaglia padre a Giorgino Boscaglia figlio, passando per il trombeur de femmes Clinton – ha continuato ad acquistarne a carrettate per le forze armate, garantendo commesse e fiumi di danaro alla casa madre, né più e né meno di quanto hanno fatto i vari governicchi di (pseudo)centrodestra e di (pseudo)centrosinistra con i mezzi ruotati made in FIAT per le nostre gloriose forze (dis)armate, veicoli a malapena adeguati alla bisogna, com'è stato poi dolorosamente dimostrato all'atto pratico nelle recenti campagne in Iraq e Afghanistan.

Già, perché il maggior pregio dei veicoli “tipo Jeep” come le nostrana Matta o gli M151 MUTT americani (i successori della vecchia GP/Jeep della Willys del tempo di guerra) era proprio nella incospicuità del mezzo sul campo di battaglia: erano veicoli estremamente leggeri, dotati di grande mobilità, soprattutto di dimensioni contenute.
Niente a che fare con i mostruosi HUMVEE/Hummer americani o le loro controparti italiote, i VM90 che di fatto sono solo facili bersagli grosse e ingombranti come sono.

Tornando a bomba, in molti si sono chiesti come mai la principale casa automobilistica statunitense abbia optato per questa dolorosa operazione di dismissione; è vero che la GM naviga già da un po' in cattive acque, ma rinunciare addirittura all'autovettura (chiamiamola così per amor di patria) più rappresentativa (e meglio pubblicizzata) del settore dei SUV è cosa che non si spiega... o meglio, non si spiega finché non si da un'occhiata alle caratteristiche tecniche dell'odioso bidone semovente.

Già, perché in tempi di crisi nera a livello internazionale e privati del magna-magna garantito dall'ormai defunta Amministrazione Bush, e con in più alle spalle il più grande bagno di sangue americano dai tempi del Vietnam, solo per garantirsi la broda per far andare in giro felici e contenti coi loro bestioni da 5000 cc di cilindrata un branco di cerebrolesi, perfino gli ameridioti si sono resi conto che non è più possibile andare in giro con un mostro che fa 6 km/litro...

In tutto l'orbe terracqueo le vendite di queste aberrazioni su ruote calano vistosamente, con gli ordinativi scesi anche del 30-40%... dappertutto fuorché in un paese, dove il calo delle vendite di auto è arrivato a toccare il 25%, ma la vendita e l'immatricolazione dei SUV ha raggiunto un +20% alla faccia della crisi e del prezzo della broda in costante rialzo.

Indovinate un po' di che paese si tratta?

venerdì 19 febbraio 2010

La Migliore di Tutte (almeno finora...)



È un bel pezzo che non mi faccio vivo su queste pagine, quindi credo sia il caso di rompere il lungo digiuno con una breve disquisizione su quella che – a ben vedere – può essere considerata l'antenata par excellence della moderna mitragliatrice per uso generale (o GPMG che dir si voglia) l'eccellente e – anche se ampiamente riveduta e corretta – tutt'ora in uso MG42.
La sigla, arcinota a chiunque si occupi di armi leggere da guerra in generale e – privata del numero 42 – a chiunque abbia servito la Patria nelle FFAA, sta molto semplicemente per Maschinen Gewehr (Modell) 42 cioè Mitragliatrice (modello) 42 dove il quarantadue indica l'anno di adozione (1942 appunto) dell'arma.
La Germania nazista era infatti entrata in guerra armata dell'eccellente, ma complessa, costosa e difficile da produrre MG34 che pur rendendo un servizio superlativo aveva non poche pecche, la più vistosa delle quali era l'eccessiva precisione della sua costruzione, che la rendeva poco adatta ad ambienti polverosi come per esempio le sabbie del deserto nordafricano, dove il meccanismo tendeva a sporcarsi provocando immancabilmente inceppamenti e malfunzionamenti vari.
Non solo, ma si era ormai giunti al punto in cui il Reich – combattendo su più fronti – cominciava a sentire il peso della superiorità industriale e produttiva degli Alleati, ottimizzata per la produzione di massa, che tra USA e URSS sfornavano materiale bellico a rotta di collo.
Quel che era necessario era dunque un'arma efficiente ed efficace come la MG34 ma più semplice ed economica da produrre, adatta per la produzione seriale di massa.
Lo stesso staff che aveva progettato sotto Louis Stange della Rheinmetall la precedente mitragliatrice si mise all'opera per progettare il suo successore, ottenendo un'arma che – sin dal momento della sua introduzione – venne giudicata universalmente come la migliore nel suo genere ed un vero castigo di Dio da quanti se la trovarono di fronte.
Costruita interamente con metallo stampato, rivettato e saldato a punti, la nuova arma era esternamente assai simile alla precedente ma adottava un nuovo sistema di alimentazione, più efficiente e funzionale, il meccanismo era stato alleggerito e semplificato, cosa che portò la già elevata celerità di tiro della MG34 (900 colpi/min) a quota 1200 colpi/minuto ovvero una cadenza di tiro di ben 20 colpi al secondo!!!
Se da una parte questo voleva dire un elevato consumo di munizioni, forti vibrazioni durante il fuoco a raffica libera – che tendeva a rovinare la precisione del tiro – e un usura elevata della canna, che necessitava di essere cambiata ogni 150 colpi, il tutto era compensato dall'immenso volume di fuoco che una singola arma poteva produrre, che si traduceva, secondo gli esperti tedeschi, anche in un marcato effetto psicologico dovuto al fortissimo rumore, descritto da più parti come quello di una pezza di tessuto strappata violentemente ma amplificato di 100 volte.
Fortunatamente, la migliore (e più apprezzata) caratteristica della MG42 era proprio la rapida sostituzione della canna, operazione così semplice ed immediata che non risultò mai in uno svantaggio, nemmeno nel bel mezzo di uno scontro a fuoco.

L'arma, nella sua forma originaria, servì le forze dell'Asse in tutti i teatri di guerra con onore e dopo la fine della guerra, venne adottata da numerosi paesi, tra cui la Francia che la adoperò per parecchi anni, fino alla fine del conflitto indocinese, mentre venne studiata dalla maggior parte degli ex-contendenti, che ne copiarono le caratteristiche più peculiari nelle loro “nuove” armi, come fecero i belgi per la loro famosissima MAG e gli statunitensi per la famigerata M60, arma infame e malriuscita nonostante impieghi il siste
ma di alimentazione ed il pacchetto di scatto della MG42.
La stessa Germania Federale, quando ricostituì le proprie forze armate negli anni '50, dopo essersi guardata un po' in giro, preferì riesumare la “vecchia” MG42 che – modificata dalla Rheinmetall per impiegare la nuova munizione standard NATO 7,62x51mm venne adottata come MG1 dalla Bundeswehr, mentre con la denominazione di MG42/59 venne offerta commercialmente ai paesi alleati ed adottata da numerosi eserciti, compreso il nostro, dove viene fabbricata su licenza ed è ancora ampiamente in uso, nonostante l'introduzione in tempi recenti della Minimi belga.
Ulteriori varianti furono la MG2 (cioè le MG42 del tempo di guerra modificate per impiegare le nuove cartucce) e la definitiva MG3 tuttora in dotazione alla Bundeswehr e in numerosi altri paesi tra cui Grecia, Turchia, Spagna, Pakistan (dov'è prodotta su licenza), Portogallo, Austria, Cile, Danimarca, Iran, Norvegia e Sudan.

Attualmente solo un paese al mondo impiega ancora la MG42 originale in calibro 7,92x57mm Mauser, la ex-Jugoslavia, dove veniva prodotta per le Forze Federali come SARAC M53.


mercoledì 3 febbraio 2010

GUARDIE INFAMI!!!

Ce voleva il mensile automobilistico più sputtanato d'Europa per scoprire l'acqua calda, lo sanno anche i sassi che in Itajia siamo un popolo di automobilisti frustrati, castrati e soprattutto bastonati tutti i santi giorni e abbiamo avuto nel tempo già più di una prova che tutti i Comuni italioti, chi più chi meno, usano lo strumento delle contravvenzioni semplicemente per fare cassa alla faccia dei cittadini buoi.

Hanno un bel parlare di “giri di vite”, “sicurezza” e tutte 'ste menate, fatto sta che gli scherani del Comune sono gli unici tra tutte le forze del (dis)ordine, a non contestare mai una violazione a chicchessia, in pieno spregio della normativa vigente – che col passare degli anni è stata sempre più generosamente addomesticata a favore, guarda caso, di enti e comuni – inventando le scuse più becere e plateali che nascondono una unica, incontrovertibile verità: che i pizzardoni di ogni latitudine si cagano addosso al solo pensiero di fare il loro dovere, perché sanno di essere considerati dalla popolazione generale utili quanto i sassi.

A loro parziale discolpa occorre dire che in effetti spesso e volentieri i pizzardoni che hanno a che fare coi cittadini finiscono per prenderle di santa ragione, ma nessuno ha mai cercato la causa di questi comportamenti, causa che in una recente sentenza della Cassazione, quella che afferma che è lecito mandare a'fanculo il pizzardone troppo tracotante o che abusa della sua posizione per “fare il grosso”, è venuta fuori pubblicamente... come se ci fosse bisogno di ulteriori conferme del fatto che la stragrande maggioranza degli “operatori di Polizia Municipale” sono una massa di infami, che hanno atteggiamenti spesso offensivi quando non apertamente ingiuriosi, nei confronti dei cittadini e che sanno fare i duri solo in due occasioni: al cesso e con chi glielo permette perché troppo timido, debole o semplicemente troppo civile per dirgliene quattro come si meritano.

In compenso, come leccaculo verso chi credono sia più potente di loro, sono impareggiabili, così com'è impareggiabile la loro viltà in barba – anche qui – delle normative vigenti.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, nel mio caso, è una contravvenzione di appena (si fa per dire) DUECENTOCINQUANTA PLEURI (si, avete capito bene, 250 fischi e spicci) per eccesso di velocità.

Quello che contesto non è la violazione in sé; è possibile, ancorché probabile che il sottoscritto stesse “sfrecciando” all'uscita della Tangenziale... si, ma all'una del mattino di un sabato, quando in zona non c'è anima viva!
Considerando poi che – per la natura stessa della strada, un vialone in forte pendenza – è impossibile non superare i 50 all'ora se non frenando di brutto o camminando col freno a mano tirato, mi sembra lapalissiano che l'hai fatto apposta solo per alzare un po' di quattrini per le casse del comune.

Anche perché, lo ribadisco, la sanzione comminata così, a cazzo, senza contestazione della stessa e – se vogliamo – una reprimenda (avete presente, una cosa all'americana, per capirci) è assolutamente inutile, serve solo a far girare i coglioni al cittadino senza che ne abbia ricavato nulla se non la voglia, casomai gli capiti l'occasione, di arrotare il primo pizzardone che gli capita davanti e ungere le ruote con la sua carcassa, magari accoppando l'unico buono in mezzo ad un'armata di mezze seghe.

Ma quello che mi ha mandato letteralmente in bestia è la vigliaccheria di questi bastardi in divisa: non solo non mi hai fermato adducendo un pretesto a dir poco inesistente, vista l'ora e il luogo, no, mi multi a tradimento stando ben nascosto quando la Legge ti obbliga a posizionarti in un luogo ben visibile – in quanto l'autovelox non è un bancomat, dovrebbe servire come deterrente per le esimie teste di cazzo (vigili in primis) che i limiti di velocità li bruciano regolarmente e sul serio – proprio perché devi poter fermare gli automobilisti così idioti da sfrecciarti davanti nonostante la tua presenza.

È ovvio che se stai nascosto in agguato dietro un muretto o dei cartelloni 6x4 ti è impossibile fermare chicchessia, figuriamoci corrergli appresso.
Ma dal momento che sono dei vili e che il loro scopo non è la deterrenza ma solo estorcere soldi ai cittadini, questo scempio continua... e i giornali di settore ci lucrano sopra dicendoci quello che sappiamo già e montando uno “scandalo” per vendere più copie, uno scandalo talmente palese che la maggioranza dei cittadini vi si è rassegnata da tempo.

La maggior parte, forse, ma non io e un modo per fargliela rimangiare potete star certi che prima o poi lo trovo!

lunedì 25 gennaio 2010

La Regina delle Gang Bang: Annabel Chong




Non c'è dubbio che vi sono delle personalità che spiccano e fanno – letteralmente – la storia non importa di quale campo si tratti.
Così come tutti, cultori e non, conoscono Linda Lovelace per lo (allora) scandaloso “Gola Profonda”, sono certo che anche il nome di Annabel Chong, sexy diva degli anni '90 sia in qualche modo un nome “di casa” non fosse altro per la sua (allora) incredibile performance del 1995, nota come La più grande Gang Bang del Mondo in cui la nostra “eroina” prese di petto (si fa per dire) 70 cazzoni a più riprese, fino ad ottenere lo stupefacente totale di 251 amplessi completi nell'arco di 10 ore.
Di tentativi, veri o fasulli, di infrangere questo record ce ne sono stati vari, ma non è di questo che voglio parlare, bensì proprio della protagonista di questo primo exploit, la summenzionata Annabel Chong, personaggio quanto meno particolare ed affascinante, non fosse altro per la sua filosofia – che ha sempre difeso a spada tratta – che l'ha spinta ad entrare nel mondo dell'hard.
A ben vedere, la Chong non è certo una delle performer più longeve: ha iniziato la sua carriera nel 1994 ed è uscita definitivamente di scena nel 2003, girando poco più di una 50ina di film in totale.
Annabel Chong, al secolo Grace Quek, classe del 1972, nata a Singapore da una famiglia cattolica e benestante, si rivela fin da piccola una ragazza dall'intelligenza brillante e vivace, frequenta gli istituti più illustri del suo Paese fino al trasferimento a Londra, per perseguire gli studi in legge grazie ad una borsa di studio.
Fino ad allora, è solo Grace Quek; assumerà il suo nom de guerre come Annabel Chong solo nel 1994, dopo essersi trasferita negli States per seguire il corso di laurea in Studi di Genere presso la University of Southern California.
Annabel ha infatti abbandonato gli studi in legge a Londra senza dire niente a nessuno, molto probabilmente a causa dello stupro di gruppo di cui è stata vittima in quella città: una sera, mentre vaga per la città 'mbriega come 'na cucuzza, accetta di fare sesso con uno sconosciuto abbordato su un bus... il tizio si presenta invece con un nutrito gruppetto di “amici” e tutti insieme appassionatamente, le fanno la festa.

Ora, chiunque presumerebbe che – dopo un'esperienza del genere – la vittima si sarebbe ritirata in fortezza vita natural durante... invece Annabel decide di dare una svolta alla propria vita inseguendo la teoria, che le sta particolarmente a cuore, che i concetti di maschio = gallo e cacciatore così come quello di femmina = damigella in pericolo, succube preda sessuale non siano che dei costrutti; di fatto le femmine possono (e a mio modesto parere, sono) essere aggressive e vogliose quanto – se non più – dei maschi.
Non sta scritto perciò da nessuna parte che una donna che abbia più rapporti con più uomini debba necessariamente essere una vittima.
Tutto questo si traduce in una tesi di laurea, che le vale il diploma a pieni voti ed in una serie di prestazioni in video che stressano il rapporto multiplo e contemporaneo con più partner alla volta – la cosiddetta gang bang, appunto – dove però si vede che chi se la comanda è lei e non i tanti lui della situazione.
Scoperta (in tutti i casi) dal regista e produttore John T. Bone, considerato una leggenda del settore in quegli anni, che ne individua immediatamente le qualità e le asseconda in toto, Annabel scala in brevissimo tempo le vette delle classifiche hard, fino al tentativo di record del mondo di gang bang che diverrà poi uno dei best sellers in assoluto del genere hard, il summenzionato The World's Biggest Gang Bang.
La cosa più incredibile, a parte il dubbio record (così si espressero al tempo vari commentatori) della Cheng è, secondo me, è un'altra, cioè il fatto che – per cotanta epica impresa – la nostra “eroina” non abbia ricevuto il becco di un quattrino, nonostante le fossero stati promessi ben $ 10,000 che tra l'altro servivano all'allora 22enne per pagarsi gli studi, cosa che l'ha spinta così ad intensificare l'attività di pornostar negli anni 1995-99 per incrementare il budget.

Di fatto la sua carriera cessa nel 2000, dopo l'uscita, nel 1999 del film documentario Sex: The Annabel Chong Story nel quale l'attrice e ora regista e produttrice si rivela al mondo, comprese le sue idee e le sue tesi sulla sessualità umana e l'imposizione di ruoli preconcetti, che ottiene un enorme successo di pubblico e di critica, nonostante si tratti di un film decisamente “duro” che non risparmia niente e nessuno, compresa la stessa Chong.
Dal 2000 al 2003 Annabel Chong si dedica quasi completamente alle attività di produzione, regia e di webmaster per il suo sito, con pochissime performance a suo credito, fino all'annuncio che “Annabel è morta” dato dalla stessa Chong ai suoi fans.
A differenza di molte altre stelle dell'hard, Grace Quek ha tagliato i ponti una volta per tutte con il suo alter ego: in una intervista abbastanza recente si è detta estremamente sorpresa del fatto che Annabel possa “ancora destare interesse dopo tutti questi anni”.

Dulcis in fundo, l'epopea di questa schiva diva è tornata recentemente alla ribalta grazie a due opere, una letteraria, l'altra teatrale, ispirate direttamente al suo personaggio ed alla prestazione da record del 1995: lo scrittore noir statunitense Chuck Palahniuk ha infatti pubblicato nel 2008 il romanzo Snuff (in Italia Gang Bang), mentre l'autore singaporeno Ng Yi-Sheng ha portato sulle scene le sue vicende in 251, opera del 2007, per la regia di Loretta Chen.

martedì 19 gennaio 2010

Il progenitore della specie


inauguriamo finalmente anche la sessione cose che fanno Bang! nella notte (e non solo...) che da troppo tempo latita su questa (e altre) pagine nonostante le mie migliori intenzioni ed intendo farlo presentando tutti quegli esponenti delle varie classe di armi leggere che hanno fatto la storia, in tutti i sensi, concentrandomi soprattutto su quelli che sono i capostipiti delle varie classi, a partire dal progenitore dell'arma più usata al mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale: il fucile d'assalto.

Il nome stesso – in originale Sturm-Gewehr che ne è la traduzione diretta – sembra gli sia stato appioppato dallo stesso Adolf Hitler quando, finalmente, venne a conoscenza dell'esistenza di questa nuova arma rivoluzionaria.
Lui, ex-caporale austriaco pluridecorato nelle trincee della Grande Guerra, riguardo le armi da fanteria era un pochino in arretrato ed aveva inizialmente posto il veto sulla produzione di nuove tipologie di armi leggere; secondo il suo illuminato (si, con la 220V...) giudizio, il classico fucile da fanteria Mauser Kar98K era più che sufficiente alla bisogna, nonostante il nemico americano (ed in una certa misura, anche l'odiato russo) facesse ampio uso di armi semiautomatiche, già ampiamente sperimentate nella stessa Germania prebellica che di fatto era stata pioniere nel campo già in epoca antecedente il primo conflitto mondiale.

Fatto sta che – di fronte alla preponderante potenza di fuoco sviluppata dagli alleati – anche il tignosissimo Alto Comando tedesco s'era dovuto arrendere all'evidenza ed aveva cercato di correre ai ripari già nel 1941, quando la Germania nazista sembrava essere trionfante ovunque e in ogni luogo; frutto di quei primi lavori, già nel 1938, era stata una cartuccia intermedia così chiamata perché – pur mantenendo lo stesso calibro nominale del fucile regolare della fanteria – aveva una palla più leggera e il bossolo assai più corto, contenente ovviamente una carica di propellente ridotta rispetto alla munizione da fucile standard.

In questo modo, sacrificando di poco gittata e potenza, si otteneva una munizione dal rinculo assai più mite, ben adatta all'uso in armi automatiche portatili ma con una potenza più che tripla rispetto – p.es. - alle cartucce da pistola (come la 9mm Parabellum) in uso nella Wehrmacht per le sue armi corte e per il moschetto automatico d'ordinanza MP40.

La cartuccia così ottenuta era stata denominata 7,92x33mm Kurz Patrone (Cartuccia Corta) e sparava una pallottola del peso di 7,9 grammi alla velocità nominale di 686 m/sec da una canna lunga 16 pollici.
Già nel 1940 le ditte Haenel e Walther cominciarono lo sviluppo di un'arma per l'esercito che potesse far uso della nuova munizione.
Quel che non si capisce, né capirò mai, è perché, disponendo di una tale cartuccia, non si sia pensato di usarla sin da subito quando si decise di mettere in campo, p.es., il massiccio fucile automatico FG42 destinato alle truppe aviotrasportate, che utilizzava invece la pesante munizione standard a carica piena 7,92x57mm Mauser, con tutti i problemi derivanti dal suo impiego in un'arma leggera quando sparava a raffica.

Tornando a bomba, già nel 1942 le due ditte concorrenti avevano realizzato le loro proposte; per occultare al Führer l'esistenza di questa nuova arma, vennero battezzate originariamente Maschinenkarabiner o Mkb (carabina automatica) 42(H) e 42(W) rispettivamente ad indicare il prototipo Haenel e quello Walther.

Come si può vedere dalla foto, le due armi, benché molto simili, avevano delle caratteristiche fisiche assolutamente avveniristiche per il periodo: calciatura “in linea” per assorbire al meglio il rinculo, carcassa e forniture in metallo e plastica e un caratteristico caricatore “a banana” in grado di ospitare ben 30 cartucce.

Entrambe le armi erano in grado di sparare colpi singoli o raffiche con una cadenza di tiro ciclica di circa 500 colpi al minuto alla distanza di circa 400 metri, che era ormai indicata come la distanza massima in cui venivano condotti gli scontri a fuoco con tiri mirati.

Già nel 1943 Hugo Schmeisser mise mano al progetto Haenel, modificandolo in base alle effettive esigenze di guerra così come proposte a seguito delle reali esperienze in combattimento e la “nuova” arma venne accettata per la produzione di massa come Maschinen Pistole 43 (ovvero: moschetto automatico modello 43), questo sempre per confondere le idee al bizzoso Führer tedesco; mano a mano che la produzione procedeva, venivano spedite a migliaia sul principale fronte di guerra – quello russo – per far fronte allo strapotere delle orde sovietiche, armate principalmente di moschetti automatici PPSh 41 e PPS 43, cui i tedeschi riuscivano così a tener testa, prima che si aprisse il “secondo fronte” in Europa nel 1944.

Per quel tempo, i tedeschi avevano messo a punto la versione definitiva del nuovo fucile, ribattezzato MP44, fino a che – così narra la legenda – durante una riunione con gli esponenti dell'alto comando di ritorno dal fronte russo, Hitler non chiese espressamente di cosa avevano bisogno gli uomini per combattere al meglio contro i russi.
Al che qualcuno rispose: “avremmo bisogno di migliaia dei nuovi fucili...”
“Quali nuovi fucili!?” sembra abbia risposto il Führer, al che ai generali – ormai tanati – non restò che presentare ufficialmente l'MP44 al dittatore che sembra abbia esclamato: “ma che magnifico fucile d'assalto!” nome che è poi rimasto ad indicare la classe di armi.

Inutile dire che – nonostante la superiorità del fucile d'assalto rispetto a qualunque altra arma individuale da fanteria allora in uso – questi arrivò troppo tardi e in numeri troppo esigui per ripristinare l'equilibrio in battaglia, anche se di fatto prolungò l'agonia della Wehrmacht di quasi un anno prima che le armate tedesche cedessero le armi.

Dopo la guerra, lo SturmGewehr 44 fu impiegato principalmente nella Repubblica Democratica Tedesca come arma principale della famigerata Guardia di Confine e dall'esercito Ceco prima dell'adozione dell'autoctono Vz58 nonché da tutti gli altri paesi occidentali come modello da copiare per produrre una nuova generazione di fucili d'assalto.

Caratteristiche Tecniche:

lunghezza: 94 cm
Peso: 5,1 kg
lunghezza della canna: 42 cm
rigatura: 4 righe destrorse
funzionamento: a sottrazione di gas
caricatore: a scatola, amovibile da 30 colpi
celerità di tiro: 500 colpi/minuto
velocità alla volata: 647 m/sec
portata utile: circa 400 metri

martedì 12 gennaio 2010

Ode alla mia Diva, alla mia Musa...

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domenica 10 gennaio 2010

Tanto per cominciare, parliamo un po' di gusti personali...


... in fatto di Armi che - come ormai saprete - sono una delle mie passioni principali, anche se in questo Paese se si hanno velleità o passioni così... politically uncorrect si rischia (e di brutto!) di passare per un becero nostalgico reazionario cattonazionalsocialista con simpatie pontificie e staliniste.

Vabbè, forse esagero un po', fatto sta che c'è un episodio, che ha segnato la mia (ahem!) fanciullezza in modo indelebile ma che mi ha anche aperto gli occhi sull'ipocrisia imperante in questo Paese (dei balocchi) per quanto riguarda certi argomenti.

Ero un tenero virgulto ancora in cerca di una musa ispiratrice (si, vabbè, ce semo capiti: avevo 18 anni, ero fresco di studi e ancora della vita non avevo capito una beatissima mazza) però nutrivo già da parecchio tempo (e per parecchio intendo davvero parecchio, visto e considerato che il mio interesse per il settore... come dire... bellico risale ai tempi delle elementari) una (sana? insana?) passione per qualunque cosa sparasse, lanciasse o proiettasse bombe, razzi, pallottole e/o materiali vari e si muovesse autonomamente per cielo, per terra o per mare.

Ai bei tempi, l'unico mezzo per ottenere determinate informazioni su determinati argomenti era la carta stampata; fonte primaria dei preziosi manufatti cartacei - librerie specializzate a parte - erano le edicole, dove in realtà una certa diffusione di riviste in ambito armiero, ancorché dedicate fondamentalmente alle discipline sportive e/o venatorie, è sempre esistita.

Dal momento che si era in piena estate e che il mio spacciatore di fiducia era fuggito al mare come il 90% degli italioti fa in questo periodo dell'anno, mi vidi costretto a rivolgermi alla rivendita più vicina, ad un paio di isolati da casa.

Ordunque, questo chiosco era famigerato per due motivi, perfettamente antitetici: disponeva di due vetrine esposte al pubblico, perfettamente simmetriche e agli antipodi l'una rispetto all'altra; in quella di destra facevano bella mostra di sé riviste per ragazze e fanciulle, romanzi rosa ed ogni altra menata possibile ed immaginabile mirata ad un pubblico femminile "romantico" ed in vena di smancerie... su quella di sinistra c'era la più massiccia esposizione di riviste e fumetti porno che il mondo abbia mai visto, comprese le prime (allora) VHS da edicola, dove manga e anime Hentai (una novità assoluta in quei primi anni '90) stavano fianco a fianco con... capolavori del genere come Play Men, Hard, Il Tromba ed i famigerati Gin Fizz e Casalinghe Vogliose di Provincia, non so se ho reso l'idea...

Per nulla perturbato e in vista della mia meta, chiesi con fiducia all'edicolante (manco a farlo apposta, una "vecchia signora"): "è uscito per caso l'ultimo numero di Armi & Tiro?".
Non l'avessi mai detto, la tizia, mi squadra da sopra gli occhialetti da presbite come se avesse visto Satanasso in persona... "Noi non vendiamo quei giornalacci immorali!".

Cioè, è tutta da ridere... la tizia era letteralmente sommersa da riviste "per soli uomini" e VHS sulle quali era possibile assistere ad atti di sodomia con Lolite ai limiti della pedopornografia e di amplessi con cani e cavalli e il "giornalaccio immorale" era una rivista professionale di oplologia sportiva?

W la coerenza!

Tornando a bomba, quella per armi e mezzi credo sia da sempre una classica passione da fanciulli, che credo siano state condivise da almeno un buon 70-80% dei miei coetanei, almeno per un po'; altro paio di maniche è applicarsi scientificamente allo studio di materie quali la Storia, la Tecnica, la Tattica e la Strategia con tutti gli annessi e connessi.
Lasciatemelo dire, per questo occorrono davvero passione, voglia, tempo e soprattutto denaro, un fiume di denaro, soprattutto se vivevate - come me - nell'era pre-internet.

Come si suol dire oggi: "su internet si trova di tutto" (si, e anche di più... che gran cazzata - ma di questo semmai parleremo poi) ma allora internet era solo un vago concetto presso i pianificatori strategici specializzati nel C3I (Comando, Controllo, Comunicazioni & Intelligence) delle Forze Armate degli Stati Uniti e negli ormai lontani anni '80, l'unico modo per approvigionarsi di informazioni era andarsele a cercare su libri o riviste... già, proprio quei misteriosi oggetti composti da un numero variabile di fogli di carta, magari imbrattati con inchiostri e immagini da qualche scriteriato scialacquatore; che non lo sa, questa gentaglia, che la carta custa ed è preziosa perché fatta con gli alberi?

Al tempo tutte 'ste belle velleità (pseudo)ambientaliste non le avevamo e se è vero che il sottoscritto non ha mai sciupato un singolo foglio di carta, è vero anche che con i libri e sui libri ci campava.
Ovviamente, ho dovuto cominciare sin da subito a fare il callo ai vari sguardi, tra lo stralunato, il divertito, lo sprezzante e l'accusatore, di tutti quelli che - vedendomi in mano un libello su fucili, pistole, carri armati, navi e/o aerei da guerra, moderni e contemporanei piuttosto che delle due Guerre Mondiali - riteneva suo preciso dovere offrire il proprio consiglio o la propria opinione per distogliere un così tenero infante da tali "pericolose letture", salvo dimenticare - tutti, nessuno escluso - un paio di sani principi: che non è bello quel che è bello, ma quel che piace, che chi se fa l'affari sua, campa cent'anni e torna sano a casa sua e soprattutto che i consigli non richiesti non vanno mai dati.

Anche in casa era (più o meno) lo stesso, con l'unica eccezione che - alla fine - si sono dovuti tutti rassegnare di fronte all'evidenza dei fatti che il loro primo rampollo ed erede era un... bieco guerrafondaio, dimenticando però un fatto assolutamente banale nella sua semplicità: il fatto di avere una passione per un determinato genere o argomento, non fa automaticamente di una persona un mostro da additare.

Così come è vero che un appassionato di romanzi gialli e/o noir non è per forza un esperto criminologo né ancor meno un criminale o che un fan del genere Horror non è un mostro o un serial killer, così come, allo stesso modo, un appassionato di letteratura erotica o di cinema hard non è uno stupratore seriale o un mandrillo esibizionista, il sottoscritto non ha mai agognato lo scoppio di guerre, guerriglie ed ostilità varie, così come non mi prudono particolarmente le mani all'idea di azzuffarmi con qualcuno né ho mai scaricato un fucile mitragliatore nelle budella del primo che passa solo perché sono un appassionato di armi e di storia militare.

Se poi vogliamo dirla tutta, dal momento che, crescendo, ho evoluto e sviluppato altre passioni parallele, come quella per l'horror, la fantascienza, il cinema d'azione e - perché no - anche robetta un po' più piccante, non per questo sono un pericoloso sessuomane assassino psicopatico e cannibale...

Potenzialmente, come qualunque altro essere umano degno di questo nome, nel bene e nel male, potrei essere tutto questo e anche di peggio, ma, proprio per il mio essere umano, ho imparato a sublimare i miei bassi istinti nella letteratura, nel cinema, nei fumetti e nei giochi... a questo proposito, chiunque venga a dirvi che chi è appassionato di sparatutto o di altri giochi di avventura/combattimento sicuramente nasconde una mentalità disturbata e/o violenta pronta ad esplodere, farà bene a rivedere le sue posizioni e farsi due conti, perché è scientificamente dimostrato che chi indulge in passatempi "violenti" è nella vita reale di tutti i giorni una persona assolutamente normale e positiva... a meno che il disturbo non ci sia già e non dipenda da cause pregresse.

sabato 9 gennaio 2010

2010: Return With A Vengeance?


Sembra quasi impossibile, ma dopo quasi due anni mi riaffaccio su questa pagina che avevo perduto e praticamente dimenticato.
Cos'è accaduto?
Nulla di trascendentale, tra un cavolo e l'altro ed una notevole sequela di disastri, principalmente lavorativi ed informatici, mi sono ritrovato con una mano davanti, una di dietro e - cosa più preoccupante - avevo perso tutto: documenti, link, password, indirizzi a seguito di un brutale crash del PC sul quale erano memorizzati.

Ma come molto spesso accade, a volte ritornano e come uno zombie redivivo dalla tomba, anche questo Blog è riemerso dalle nebbie del tempo, grazie all'ennesima emergenza informatica a causa della quale ho riesumato un vecchio hard disk esterno per un salvataggio, un disco che non usavo da ben due anni sul quale - me n'ero completamente dimenticato - avevo salvato a suo tempo tutti i miei documenti, proprio in previsione di un probabile danno irreversibile che poi si è puntualmente verificato.

E così all'alba del secondo decennio del XXI secolo, mi ritrovo a scrivere qui, dopo una trascorsa esperienza, non ancora conclusa ma in via di risoluzione, come blogger su altri lidi.

Lidi che - tra l'altro - mi hanno abbondantemente rotto le palle, dove impera il buonismo prodiano più becero e dove argomenti come quelli che tratto (e che intendo continuare a trattare) sono assai mal visti.

Tanto vale trasmigrare, sperando che a nessuno salti il picchio di rompere i coglioni anche qui, dove spero di poter trattare quel cavolo che mi pare e realizzare un vero e proprio diario condiviso come dovrebbe essere un blog.

Rispetto al mio incipit ne sono cambiate di cose, quindi anche gli argomenti si amplieranno (spero) spaziando a 360° tra il serio e il faceto, con un'unica, grande speranza: che quel che scrivo possa essere utile per chi legge e che - magari - possa suscitare qualche reazione - critica o positiva non importa - che rende il tutto più interessante ed avvincente, quando non scade nell'insulto o nella provocazione gratuita...