Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

domenica 19 agosto 2012

Lo so IO DOVE ve lo infilerei il Mattarello!


Tanto per cambiare, oggi facciamo un po' di servizio pubblico sputtanan... *ahem!*... recensendo uno dei più noti locali della capitale, quel Mattarello che da alcuni mesi sfonda quotidianamente le gonadi dei cittadini di Roma e Provincia, attraverso l'etere e la carta stampata, proponendosi come il ristorante romanesco più romanesco che ci sia, per giunta alla portata di tutte le tasche e addirittura famoso per i suoi fritti tutti fatti a mano e di tipo espresso, quindi preparati al momento.

Ho avuto la sfiga nera (tanto de 'sti tempi, pare diventata un'abitudine..) di andare a cenare in uno dei due locali presenti in città, quello di Parioli (l'altro si trova alla Magliana) dove ho potuto assaporare le... prelibatezze di questo tanto rinomato (da chi? Boh!?) ristorante/pizzeria.

Due sole parole: MAI PIU'!

Dire che non è tutto oro quel che luce in questo caso sarebbe solo un pietoso eufemismo.
Passi per l'ambiente – romano-cum-cafone-radical-chic – che tanto piace ai fighetti della Roma bene, quelli che – per capirci – amano mescolarsi alla plebe per dimostrare che sono privi di pregiudizi, loro, e che al pari del mitologico Mida trasformano ogni cosa che toccano: peccato che la trasformino in merda dando la loro patente di locale trendy a bettole scandalose che così assurgono al rango di locale must da frequentare a posti che invece, a rigor di logica, dovrebbero semplicemente chiudere il giorno stesso.

Se pensate che stia semplicemente sputando veleno perché mi sono alzato con il culo girato, vi faccio innanzitutto notare che non mi sono alzato affatto perché ho passato tutta la fottuta nottata in piedi per cercare di digerire la merda immonda che mi hanno fatto ingurgitare, spacciandomela per pizza e fritti.

Cominciando dal principio, dopo la solita, triste odissea attraverso una mezza Roma imbambolata dove l'unica attrattiva sono – da due settimane a questa parte – i tanti, fantasiosi cartelli esposti con su scritto: Chiuso per Ferie, ci siamo ritrovati – non chiedetemi come perché non l'ho capito nemmeno io – a transitare per Viale Regina Margherita direzione Viale Liegi, nel cuore della (cosiddetta) Roma bene, alla ricerca, tanto per cambiare, di un posto dove passare la serata e mangiare qualcosa, possibilmente senza farci spellare.

Certo, nemmeno a me sembra la cosa più intelligente del mondo andare ai Parioli per mangiare bene e spendere poco ma purtroppo non ero il al comando, ma in balia del mio socio e delle sue mer(d)avigliose alzate d'ingegno, sicché...

Forse non ve l'ho mai detto prima ma giro spesso e volentieri con un tamarro di periferia con acute tendenze modaiolo-fighettistiche che si scontrano ferocemente con il fatto che sia un rabbino della madonna, che non allunga il braccino a meno che non ce lo costringi con la forza.

Vittima di questa costante, insanabile dicotomia, il sottoscritto, che il più delle volte si ritrova alla mercé di cotante individuo e ne subisce le decisioni perverse, camuffate sotto le motivazioni più improbabili, come in questo caso.

Tornando a bomba, ci siamo fermati in questo “famoso” Mattarello perché era uno dei pochi locali aperti in zona (per non dire in città) e per il battage pubblicitario di cui vi ho parlato in apertura, che ha conquistato il cuore e la mente del mio pard.
L'idea è stata: se c'hanno un altro ristorante alla Magliana, che è sempre pieno, tanto male non può essere e poi sicuramente è sparagnino!

Peccato che per chi conosce e frequenta la Magliana, a fronte di un quartiere popolare un tempo di pessima fama, ci siano – lungo il corso principale – una sequenza pressoché infinita di locali finto-popolari-ma-decisamente-radical-chic (roba da fighette e pariolini fuori zona, insomma) decisamente famigerati per le mazzate che erogano a chi osi mettervi piede.

Come volevasi dimostrare, infatti, il posto non era male... era pessimo e in quanto a sparagnare... i loro (supposti) eccezionali fritti espressi erano cari arrabbiati tisici e fatti da cane: i supplì, p.es., al modico costo di uno virgola cinquanta pleuri cadauno erano abbrustoliti, dentro e fuori e prodotti con un riso piccolo e inadatto per non parlare di sugo o ripieno che erano latitanti come uno 'ndranghetista alla macchia sull'Aspromonte.

La pizza, altra specialità decantata dalla réclame come prodotta con ingredienti di altissima qualità, era una specie di piadina sottile e bruciacchiata, condita con un pomodoro decisamente acido e (alla luce della mia indigestione) pesante come un mattone!
L'unica cosa che abbondava era infatti l'origano, spezia notoriamente leggera e digeribile ma che evidentemente costa poco, perché ce n'era in quantità industriale.

L'unica cosa nella decenza erano le bruschette – e cazzo, dico io, bisogna mettercisi d'impegno per riuscire a rovinare anche una fetta di pane spalmata di olio, pomodoro e/o qualche preparato in barattolo – che però erano tanto, tanto sottili... circa 5 mm l'una.
Il tutto per soli (si fa per dire) sei pleuri et novanta centesimi.

Che poi questa è l'unica, vera, caratteristica originale del Mattarello: i prezzi.

Non esistono cifre tonde: tutti i prezzi del listino prevedono la formula enne euro+novanta centesimi tanto per approfittare della dabbenaggine altrui; perché puoi inventarti quello che ti pare, a casa mia sei euro e novanta sono sette euro all'atto pratico.

Il che vuol dire che – di media – tutte le portate costavano da uno a due euro in più rispetto alla norma praticata in città, il tutto a fronte di porzioni inconsistenti perché se è vero che noi ci siamo limitati alla pizza, non è che ci siamo turati occhi e orecchi ma anzi abbiamo esaminato tutto come falchi.

Tanto per cominciare, sei un pulciaro: 7 – pardon – 6,90 per una porzione di spaghetti o rigatoni (altri tagli no, sono proibiti?) conditi rigorosamente in bianco, al pomodoro, aglio olio e peperoncino o all'arrabbiata... tutta roba che chiunque non sia monco o stupido può farsi tranquillamente a casa propria sborsando si e no un euro e mezzo a porzione (e per porzione intendo la classica cofana da 3 etti!); qui le... irresistibili porzioni arrivavano si e no all'etto di pasta.

Idem con patate per le famigerate fettuccine fatte a mano che a fronte di una possibilità di scelta di poco più elaborata e numericamente superiore, campeggiavano solitarie al centro del piatto, piatti che – dimenticavo di dire – sono quelli classici in ceramica da pizza... si , ma da pizza surgelata, quelli di 20 cm di diametro, non quelli veri da 30-40 cm.

Anche la pizza non sfuggiva a questa regola e veniva servita rigorosamente entro i margini del summenzionato piatto in ceramica.

Questo per una spesa minima di 5 euro (pardon, volevo dire quattro euri e novanta fottuti centesimi) per una marinara!

Si, perché di regola il sottoscritto, per valutare una pizzeria, specie la prima volta che ci va, a meno che non sia colpito come San Paolo sulla via di Damasco (di questi tempi una prospettiva assai preoccupante, visto che in quel di Damasco l'unica cosa che ti può colpire al momento è una bomba di mortaio o un missile aria-terra) da una qualche invenzione particolare, opta regolarmente per la tanto disprezzata pizza alla marinara primo perché a me piace secondo perché se vali appena la metà del tuo peso in sale come pizzaiolo, è una delle pizze più buone e genuine in assoluto.

D'altra parte, se sei un cialtrone parvenu che millanta il mestiere, si vede subito e in maniera inequivocabile.

Potete benissimo immaginare in quale categoria si pongano i cuochi del Mattarello.

Si, pizze in faccia e fettuccine da merceria, altro che...
Si dice sempre che uomo avvisato, mezzo salvato... come sempre io sull'avviso vi ci ho messi, adesso fate vobis...

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