Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

mercoledì 19 dicembre 2012

Questa è davvero strepitosa...


Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa la (ex) ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna paladina di qualunque minchiata discriminatoria e sessista – ogni riferimento alle sue recenti uscite sul cosiddetto femminicidio è puramente, volutamente casuale – riguardo questa notiziola uscita qualche tempo fa sul New York Post un quotidiano che – benché ameridiota – è piuttosto blasonato anche qui da noi, riguardante un caso eclatante, questo si, di discriminazione sessuale avvenuto niente meno che in uno dei magazzini della premiata ditta di lingerie Native Intimate.

Pietra dello scandalo, la... prorompente femminilità della dipendente incriminata, che è stata licenziata in tronco per il suo abbigliamento inadeguato, a detta della dirigenza, a coprire le abbondanti forme della 29enne Lauren Odes la protagonista di questa storia assai poco edificante.

Per farvela breve, la Odes viene contattata dall'equivalente ameridiota di una società interi(a)nale per prendere servizio, in qualità di addetta al data entry, per la summenzionata ditta Native Intimate, operante nell'area di New York, specializzata, manco a dirlo, in intimo femminile del tipo sexy nientemeno.

Lauren, dal canto suo, pur non essendo a mio parere questo esemplare da urlo ha parecchia mercanzia da mettere in mostra, specie ai... piani alti ed è comunque piuttosto caruccia in generale; probabilmente, se decidesse di cambiare carriera, potrebbe trovare un posto assai ben remunerato nel mondo del Adult Entertainment ma dal momento che è una ragazzona tutto sommato normale e con normalissime aspirazioni, preferisce di gran lunga guadagnarsi da vivere svolgendo una normalissima – se pur pallosa, credete a me che l'ho fatto per anni – attività di inserimento dati/lavoro d'ufficio.

Il bello poi è che la nostra bambolona bionda non sta nemmeno a contatto col pubblico in quanto lavora negli uffici della ditta.
Eppure, dopo pochi giorni dal suo ingresso in servizio, comincia a subire pesanti pressioni specie da parte della dirigenza, riguardo il suo modo di vestire e la prorompente abbondanza del suo décolleté in particolare.

Eppure, si difende lei, non è che vada in giro in abiti particolarmente succinti o discinti: indossa di solito abiti un po' attillati, questo si, e stivaletti di cuoio ma niente di così provocante e comunque si è perfettamente adeguata al vestiario delle sue colleghe, così come le è stato esplicitamente detto dal suo capo al momento dell'assunzione.

In effetti, se le foto che la rappresentano assieme al suo avvocato sono indicative del tipo di abbigliamento che la Odes indossa di solito (e sentendo i commentatori americani, pare proprio che sia questo il caso) io stesso non ci vedo nulla di particolarmente scandaloso, anzi... mi sembra piuttosto castigata, anche se indubbiamente... abbondante!

E poi dico, santa miseria: ma se una c'ha una quinta di seno, che deve fare? Tagliarsi una o entrambe le mammelle come usavano fare le guerriere Amazzoni?

Fatto sta che un bel giorno, dopo averle chiesto addirittura di (non ridete, è tutto vero!) nastrarsi i seni per comprimerli e renderli meno appariscenti, le impongono di indossare un accappatoio in ufficio, ergo, andarsi a procurare ipso facto qualcosa di più adatto a coprire le sue forme.

A parte l'umiliazione – che già di per sé a casa mia configurerebbe il reato, assolutamente dimostrabile in questo caso, di mobbing plateale – la nostra riceve poi il benservito per telefono (altra bella vigliaccata) proprio mentre è in giro per ottemperare all'ennesima richiesta del dirigente.

A questo punto, alla faccia di discriminati e discriminanti, vengono fuori un bel po' di altarini, perché si scopre che la Odes è stata eminentemente trombata per volere del proprietario della Native Intimates, un ebreo ortodosso che evidentemente, al pari degli ortodossi, oltranzisti e fondamentalisti di ogni credo e latitudine, ritiene che l'unica forma di abbigliamento possibile per una femmina sia il burqa o un suo stretto equivalente.

Shoccata? Basita? E lo credo bene... QUESTE sono
discriminazioni, cara la mia (ex) Ministro delle pari
fregnacce!
Che poi mi domando e dico, va bene che gli ebrei – almeno a Roma – è dal tempo dei papi che hanno fama di essere commercianti con pochi scrupoli e soprattutto attaccati al soldo, però, porco cane, qui rasentiamo la barzelletta: hai di questi pruriti riguardo il come una donna dovrebbe (condizionale quanto mai obbligatorio) andare in giro e possiedi un notorio negozio di intimo femminile vieppiù conosciuto in quanto spaccia senza ritegno tanga, minislip, giarrettiere e guepiere con scritte e loghi del tipo “da questa parte”, “sexy”, cuoricini e diavoletti stampati nei... punti strategici?!

Alla faccia della coerenza... dire che ci troviamo di fronte ad un caso di schizofrenia galoppante sarebbe un eufemismo.

Per finire, un consiglio spassionate ed amichevole per il nostro puritano con la kippah: dal momento che non è obbligatorio commerciare in determinati settori merceologici, fai un favore a te stesso e al mondo: cambia mestiere!



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