Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

venerdì 15 febbraio 2013

Eh, ma allora sei de coccio!


È quanto vado ripetendomi da un po' di giorni a questa parte, specie dopo aver dovuto rispedire al mittente (vedi post dell'altro giorno) per l'ennesima volta, l'ennesimo volume acquistato praticamente a scatola chiusa per i notori problemi che già ho illustrato.

Nuova pietra dello scandalo, il mattone edito dalla Lorenz Books, edizione 2010, della Enciclopedia Illustrata delle Armi nel Mondo – questo il titolo tradotto dall'inglese – un libricino di sole 512 pagine, rilegato, a colori, del modico peso di 1,4 kg – una mattonata, appunto – dedicato (ma è il caso di dirlo?) alle (cito) pistole, fucili, rivoltelle, mitragliatrici e moschetti automatici attraverso la storia in 1100 fotografie.

Detta così, è una figata ed infatti l'ho presa per buona e l'ho acquistato ipso facto sperando di non imbattermi nell'ennesima inculata.

Ok, diciamo che, per essere una enciclopedia illustrata, in effetti enciclopedica e illustrata lo è; la parte storico/tecnica non è male ed è corredata da una discreta iconografia... niente di nuovo o di trascendentale, badate bene, tutta roba che ho già visto pubblicata su altri volumi di altre epoche ed altri autori ma tant'è, si sa che quando si parla di armi antiche e/o di storia delle armi le immagini a disposizione sono più o meno sempre le stesse, quindi ci possiamo anche stare.

Il problema viene con la temeraria affermazione di aver trattato nel volume tutte le armi dall'antichità ai giorni nostri... opinabile, dal momento che – a parte un paio di rivoltelle Colt a percussione della prima metà del XIX secolo – le armi presentate nella sezione alfabetica, per nazioni e produttore, includa sempre e solo armi a cartucce metalliche a percussione centrale, cioè solo roba moderna o contemporanea, da qui l'immediata e sgradevole sensazione di essere stato preso un'altra volta bellamente per il culo...

C'è di più e di peggio (e figuriamoci!) in quanto anche il titolo del libro è a dir poco fuorviante, perché autori e redattori avrebbero dimostrato un po' più di onestà intellettuale a chiamare questo tomo: L'enciclopedia illustrata delle armi MILITARI nel mondo, visto che non c'è un pezzo che sia uno di tutte le 1100 e passa armi illustrate che non sia stata ideata, progettata e fabbricata in vista dell'adozione da parte di qualche forza armata o di polizia/paramilitare del mondo.

Le armi cosiddette civili sono state trattate come quelle antiche: non ce n'è nemmeno la puzza.

Ma la cosa che più mi ha mandato in bestia è stato il criterio ignorante con il quale sono state scelte e presentate armi in questo libro.

Anche i sassi sanno che ci sono armi che – in ogni epoca – hanno avuto una diffusione a dir poco ubiquitaria, basti pensare ad esempi come il fucile a ripetizione ordinaria Mauser Modello 98, oppure al più recente e famoso Kalasnikov AK 47; solo di queste due armi sono stati prodotti milioni di esemplari, nel caso del primo poi, in decine di calibri diversi per venire incontro alle specifiche esigenze degli eserciti nazionali, così come di queste armi sono state prodotte, su licenza e senza licenza, copie più o meno modificate.

Che cazzo di senso ha sprecare spazio ed inchiostro per ripetere ad libitum sempre le stesse cose sotto le varie voci nazionali?

Voglio dire: il Mauser è stato adottato da mezzo mondo già dalla fine del XIX secolo, così come l'AK47 (o il FAL o il G3) sono diffusi in oltre 80 nazioni nel mondo... c'è bisogno di dedicargli un paragrafo sotto ciascuna nazione, lasciando così fuori chissà quanti altri pezzi che – meno noti o diffusi, certamente – avrebbero forse più meritato quello spazio?

Una scelta incomprensibile, a maggior ragione poi quando coinvolge armi assolutamente marginali nel paese stesso di provenienza che però sono state – chissà come o perché – adottate dalle forze armate o di polizia di questo o quel paese minore.
E non è che ci siano un caso o due, ma decine di casi come questo.

Riguardo poi il fatto che si tratti di una enciclopedia illustrata... bhé, ho qualcosa da ridire in proposito, perché propria a causa della scelta scellerata operata dagli autori, le famose fotografie professioAnali tanto decantate si riducono per forza di cose (principalmente per motivi di spazio) a francobolli talmente rielaborati e ritoccati al photoshop da risultare pressoché finte ad una prima visione poco attenta... se invece ci si mette di buzzo buono con una lente d'ingrandimento allora si che risaltano in tutto il loro splendore (si fa per dire, ovviamente)!

Non parliamo poi del fatto che un buon quarto – anzi, diciamo pure un terzo – dei pezzi proposti sono discussi ma non illustrati, in quanto manca qualsiasi supporto iconografico.

A casa mia, quando non ci si arriva con le foto, si cerca di rimediare con disegni al tratto o a colori, non si lascia un vuoto bianco nella pagina, è da peracottari.

Capite adesso perché ultimamente non faccio altro che acquistare libri e rispedirli indietro?

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