Ovvero: le tre cose che muovono il mondo!

Come ebbe infatti a dire Rudyard Kipling in tempi non sospetti: "Tre sono le cose che muovono il mondo: Donne, Cavalli e Guerra" il che, tradotto in termini moderni vuol dire: Donne, Motori e Armi da fuoco!

WELCOME TO THE MAYEM!

lunedì 31 dicembre 2012

E' stata una vera e propria mazzata nello stomaco...


...ma necessaria, per dare una bella sveglia alle troppe anime belle che preferiscono ignorare il problema o che – peggio ancora – quando vedono le tante ragazze di strada che passeggiano lungo i nostri viali, sulle consolari o in prossimità delle tangenziali, non sanno fare altro che storcere il naso o chiamare le guardie per allontanare questo spettacolo indecente da sotto i loro occhi.

Eppure è cronaca di tutti i giorni la scoperta di questo o quel racket, dello sfruttamento di giovani schiave che da tutto il resto del mondo vengono convogliate a forza nel civile mondo occidentale e capitalista.

Si, lo so, sembra quasi un chiodo fisso in molti dei miei interventi, ma credo fermamente che non è tappandosi occhi, orecchie e culo che si può risolvere il problema della tratta indecente che dai paesi dell'Est (e non solo, da ogni piccolo, sporco angolo di mondo dove regnano miseria, sopraffazione e violenza, con la complicità criminale delle autorità locali e non...) vede invadere le nostre strade da creature – il più delle volte così belle e tanto giovani da fare male agli occhi e al cuore (sempre se se ne ha uno) – gettate in pasto a gente che non si fa alcuno scrupolo a definirle puttane, sgualdrine, poco di buono, rovina famiglie, che chiamano i carabinieri o i poliziotti per farle sloggiare dai marciapiedi dei nostri bei viali illuminati e trafficati per eliminare questo “spettacolo indecente”, costringendo così quelle che magari sono già delle schiave a tutti gli effetti e per questo maltrattate (e qui mi fermo perché ho letto e sentito cose da far rizzare i capelli anche a un calvo), ad avventurarsi in altri luoghi più... appartati – diciamo pure deserti e bui – alla mercé, nel vero senso della parola, di chiunque voglia togliersi lo sfizio di sfogare i suoi istinti bestiali su una femmina al riparo da sguardi indiscreti.

La stessa gente, poi, che lasciata a casa la famiglia davanti alla TV, percorre in lungo e in largo quegli stessi viali sui loro cazzo di SUV o altro macchinone extralarge ed extralusso – meglio se lontani da casa propria e sotto le case altrui – alla ricerca di sesso a buon mercato da quelle stesse puttane che tanto disprezza e che magari liquida la notizia dell'ennesima ragazza trovata in fin di vita, quando non morta ammazzata, con un bel “che vuoi farci, se la vanno a cercare...” magari con tanto di parroco che da loro ragione tuonando dal pulpito contro le depravate corruttrici dei costumi, senza nemmeno rendersi conto che invece stanno solo facendo apologia di reato e avallando l'operato di delinquenti, maniaci e pazzi assassini.

Non finirò mai di dirlo abbastanza, ma il caso di Mihaela, che ancora lotta in una stanza d'ospedale dopo che l'hanno macellata di botte e le hanno dato fuoco, non è un caso poi così isolato: basta spulciare tra le notizie di cronaca locale perché di quando in quando spunti fuori l'ennesima, sconosciuta vittima del maniaco di turno... quando non si tratta del risultato di una punizione inflitta dagli aguzzini ad una ragazza perché ha osato sgarrare.

Ed ecco qui che mi imbatto in questo libercolo (un centinaio di pagine appena) scritto da una giornalista americana che ci narra in forma di diario attraverso le vicissitudini della giovanissima protagonista, Elena, quello che con ogni probabilità, viste le estensive ricerche portate avanti dall'autrice prima della stesura del libro, è la cruda realtà di quanto accade prima, durante e dopo l'arrivo di un altro pezzo di... carne fresca sulle nostre strade.

Il libro è, purtroppo, solo un'opera di fiction ma ho voluto acquistarlo e leggerlo comunque in primo luogo perché è stato caldamente consigliato anche da organizzazioni per la difesa dei diritti umani come Human Rights Watch che seguo con estrema attenzione da anni e perché nella mia enciclopedica raccolta di brutture dal mondo, il capitolo della tratta delle schiave sessuali ancora mi mancava; credo sia cosa ormai acquisita il fatto che raccolgo informazioni – soprattutto a carattere storico-biografico – sulle esperienze ed i fatti, anche i più atroci, che specialmente a partire dal ventesimo secolo ad oggi, hanno plasmato il mondo che conosciamo; un mondo imbelle e rimbambito di pace e prosperità, una pace ed una prosperità pagate spesso e volentieri a carissimo prezzo in altre parti del mondo che, di fatto – anche se sono passati quasi 100 anni dagli exploit delle grandi potenze colonizzatrici europee (e non solo) – continua a predare, nell'incoscienza e nell'indifferenza generale, su quelle nazioni e quei popoli meno fortunati (o rapaci) dei nostri.

Un vero e proprio muro del pianto, fatto di esperienze vissute e di storiografia ufficiale (e ufficiosa) che sto costruendo da anni, da quando cioè ho capito che non c'è nulla di più inutile che parlare a vanvera di “ricordo” e “memoria”.
A che servono le giornate della memoria a imperituro ricordo di questo o quell'evento, quando, di fatto, non si conosce nulla (o quasi) di quanto è veramente accaduto (o accade tuttora, come in questo caso) e le informazioni pertinenti tendono a scomparire nel dimenticatoio?
Poi ci lamentiamo che le stesse atrocità si ripetono e si moltiplicano periodicamente, che la storia non insegna mai niente...

Tornando al libro, quel che mi ha colpito di più – in quanto italiano – è che la storia narrata ci tocca e ci riguarda molto da vicino, perché la protagonista è moldava (tra tutte le etnie presenti nel mercato clandestino della prostituzione forzata, forse la più numerosa in assoluto, specie alle nostre latitudini) e il primo teatro della vicenda è proprio il nostro Paese.

Un brutto, bruttissimo segno, a mio vedere, perché vuol dire che la situazione italica è divenuta così eclatante agli occhi del mondo, da essere presa (soprattutto) all'estero come esempio da additare... e non è la prima volta che questo accade: non c'è comportamento vizioso o viziato in cui gli italici cialtroni si dilettano che non ci esponga come paese al pubblico ludibrio internazionale: corruzione, ladrocini, connivenze tra organizzazioni criminali e politica, pagliacci, affaristi e faccendieri che siedono comodamente sugli scranni del potere, potentati economici e lobby di ogni tipo che saccheggiano e stuprano la nazione... l'elenco purtroppo è talmente lungo che tanto vale fermarsi qui e procedere con l'argomento del giorno.
Peggio ancora – anche se per me personalmente è tutt'altro che shoccante, viste le notizie che di quando in quando affiorano sui giornali e sul web – è scoprire come in buona parte questo scempio sia possibile grazie alla connivenza (spesso con connotati di vera e propria criminale complicità) da parte delle forze dell'ordine che troppo spesso vedono, sanno e tacciono, con la scusa che “se non c'è denuncia, non è possibile perseguire il reato”, come se fosse una cosa semplice o normale per una persona in stato di sudditanza fisica e psicologica (basta pensare all'ossessione che la protagonista ha riguardo il benessere continuato della figlioletta rimasta in Moldavia alla – presunta – mercé dei suoi aguzzini) denunciare liberamente agli agenti i propri aguzzini quando perquisizioni e retate avvengono regolarmente alla presenza di magnaccia, gregari e sfruttatori.

Dicevo che purtroppo questa è un'opera di fiction e come tale ha anche un lieto fine; nella realtà ciò che accade alla giovanissima protagonista di questo diario è un evento assai raro, tant'è che quando si viene a sapere che una schiava è stata salvata per amore o per compassione, dall'intervento di un cliente, la cosa fa ancora notizia e sensazione.

Dio solo sa se non preferirei che questa fosse la norma anziché l'eccezione.

Eppure, se non fossimo un paese di ipocriti, benpensanti e perbenisti pseudocattolici (perché mi piacerebbe tanto sapere se è cattolico o cristiano comportarsi come si comporta la maggior parte degli italiani rispetto alle ragazze che – schiave o libere che siano – svolgono il mestiere più antico del mondo) la soluzione ci sarebbe ed è volendo a portata di mano; no, non parlo dell'idea (meritevole ma tutt'altro che risolutiva del vero problema della prostituzione, cioè dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù delle ragazze) del sindaco De Magistris di istituire dei parchi dell'amore dove le lucciole possano esercitare in tutta sicurezza e tranquillità, né della tanto discussa (ma mai applicata) abolizione della Legge Merlin con la riapertura delle case chiuse.

Sono tutti palliativi che non risolvono il problema, semmai rischiano paradossalmente di accentuarlo, se non si prevede a priori una qualche forma di controllo sull'attività di prostituzione: basta che il racket apra un bordello ovvero spedisca le sue protette a battere nella zona legalizzata e che cazzo abbiamo ottenuto?
Che papponi e trafficanti continuano ad ingrassare e le ragazze ad essere sfruttate, il tutto col placet della legge e delle forze dell'ordine a quel punto si, veramente impotenti.

Quel che ci vuole è una nuova legislazione laica e draconiana, che preveda semplicemente l'iscrizione di tutte le prostitute in appositi registri, presso le questure o le prefetture, con il conseguente rilascio di una apposita licenza di meretricio, se così vogliamo chiamarla e che si dia la possibilità – anche a dei liberi imprenditori, se lo desiderano, come accade dal 2002 in Germania – di avviare dei bordelli dove le ragazze possano appoggiarsi per esercitare la libera professione ovvero come dipendenti stipendiate con regolare contratto, come qualsiasi altro lavoratore, con ferie, cassa mutua e contributi pagati.

Il tutto, quindi, alla luce del sole, a norma di legge e con tanto di partita IVA e iscrizione all'INPS... per quanto riguarda la prostituzione di strada, poi, si può anche pensare ad aree protette (e pattugliate) dove le ragazze possano esercitare al sicuro con la loro licenza; per contro, la prostituzione clandestina, quella non registrata e regolamentata, andrebbe perseguita con ogni mezzo dalle forze dell'ordine, perché delle due l'una: o la ragazza che esercita senza licenza è una schiava oppure è una che lavora in nero ed evade il fisco e come tale finisce al gabbio senza neanche passare dal via e ritirare i 20 euro...
Vogliamo scommettere che una volta fatte sparire dalla circolazione le... puttane abusive, non passerà troppo tempo che verranno smantellate le organizzazioni di bestie che rapiscono, torturano, stuprano e gettano sulla strada le centinaia di migliaia di giovani donne (e non solo, sempre più spesso di parla di ragazzine e ragazzini!) che hanno invaso letteralmente i nostri lidi dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, passando per le razzie avvenute all'indomani delle guerre etniche nella ex-Yugoslavia e la caduta dei vari regimi comunisti?

È un dato di fatto che sfruttatori e aguzzini si fanno grossi giocando sul terrore che incutono alle loro vittime ed è solo spezzando questo giogo che si risolve il problema, anche ricorrendo alle maniere forti, se necessario, facendo si che le vittime abbiano più paura delle conseguenze che l'arresto comporta che di quanto minacciano i papponi, perché parlino e conducano all'arresto in massa dei responsabili e allo smantellamento dei racket.

Perché la criminalità campa finché il gioco vale la candela ma quando le forze dell'ordine alitano costantemente sul collo dei delinquenti – com'è accaduto per i racket dell'usura e delle protezioni nel recente passato – ed ogni volta che spunta una ragazza i tutori dell'ordine la fanno sparire dalla circolazione (ovviamente mettendola al sicuro dalle rappresaglie, anche a costo di tenerla segregata in una camera di sicurezza...) anche il criminale più deficiente o incallito capisce l'antifona e va a cercarsi lidi ed attività più sicure.

Per finire, se vi capita di leggere la lingua di Shakespeare, di avere uno stomaco robusto e non essere dei depravati figli di puttana in cerca di emozioni forti (anche perché, vivaddio, non ci sono scene pruriginose da film hard ma solo tanta (in)sana brutalità accennata ma non graficamente mostrata), vi consiglio caldamente di leggere questo Trafficked: The diary of a Sex Slave... vi assicuro che ne vale la pena.


sabato 22 dicembre 2012

C'è gente che è davvero in grado di farti vergognare come un ladro delle tue passioni


Per me questa gente ha nome e cognome o meglio, una sigla che li distingue e li ha resi famigerati in tutto il mondo: NRA ovvero la (fottuta) National Rifle Association of America (lett. L'Associazione Nazionale Fucilieri) una lobby tra le più potenti in assoluto negli Stati (dis)Uniti d'America, alle cui spalle ci sono tutti i più importanti gruppi armieri del continente nordamericano.

Ci vuole infatti solo gente totalmente fuori di testa oppure con due dita di pelo sullo stomaco e la coscienza più nera di una fossa igienica per fare quello che questi signori hanno fatto ieri: tenere una conferenza stampa declamando stronzate assurde sul diritto dei bambini americani di difendersi magari armando le scuole (ma s'è sentita mai da qualche altra parte del mondo una cazzata altrettanto sesquipedale!?) mentre in tutto il resto del Paese le campane di ogni edificio pubblico e/o religioso rintoccavano a morto per ben 26 volte, tante quante sono state le vittime del bamboccio cerebroleso – ma armato fino ai denti – che ha fatto strage nella scuola elementare di Newtown nel Connecticut la settimana scorsa.

E questo, badate bene, lo dico io, un appassionato di oplologia!

Il fatto è che un conto è essere appassionato di armi e armamenti, magari essere anche un collezionista, un altro conto è mettere in grado chiunque e senza il minimo controllo di acquistare, detenere e portare sulla persona armi di qualunque tipo, a maggior ragione se semiautomatiche di piccolo calibro come quelle che vanno per la maggiore tra gli ameridioti proprio in questi giorni, all'indomani della peggiore strage per qualità e quantità che sia mai avvenuta negli States, dopo che il presidente Obama ha lanciato la sua campagna (che fu già di Clinton, badate bene) per la messa al bando di quelle che da quelle parti chiamano (abbastanza giustamente) armi d'assalto.

Già, perché carabine semiautomatiche di piccolo calibro ad alta velocità hanno solo uno scopo, anzi due ad esser buoni e voler spezzare una lancia a favore dei tanti appassionati di tutto il mondo che praticano il tiro sportivo: tirare al poligono, appunto e ammazzare cristiani.
Non hanno altro uso, perché per la caccia (e parlo di caccia seria non tirare a scoiattoli e castori, altro “sport” insulso e assolutamente discutibile in uso sempre tra gli americani) sono assolutamente inutili a meno di volersi arrischiare la pelle cacciando cervi, alci o cinghiali con pallottole pesanti pochi grammi di 5-6mm di calibro.

Per contro, c'è un solo tipo di bestia che si caccia agevolmente con questo tipo di munizioni ed è il bipede che nella sua forma più idiota infesta larghe parti dell'orbe terracqueo...

Che poi il vero problema non sono le armi da fuoco tout court, come tanti affermano in preda alla più pura isteria; il problema vero sono i cerebrolesi che le impugnano, proprio nella Terra delle Libertà (condizionali e limitate) dall'altra parte dello Stagno Atlantico.

Perché – con l'unica, notevole eccezione della strage di Oslo che è stata appunto un'eccezione a livello mondiale – queste cose succedono solo negli Stati Uniti d'America?
Wayne LaPierre, il demente apologo del diritto di pazzi e scoppiati di girare
indisturbati per le strade armati fino ai denti...

Eppure vi sono paesi che sono decisamente più (e meglio!) armati degli USA; no, non sto parlando di Israele dove girare armati è considerato quasi un credo, specie nelle zone di confine (che sono decisamente tante) e dove tutti vanno praticamente in giro con armi milspec (cioè armi vere, da guerra, automatiche) ma di paesi considerati tra i più civili al mondo e che soprattutto non si trovano in uno stato di guerra permanente con i propri vicini, come il Canada e la Finlandia.

In questi due paesi ci sono più armi pro-capite che negli Stati Uniti continentali, fatti i debiti raffronti, anche perché parliamo di armi legalmente detenute da gente che ha un regolare porto d'armi e non di una massa di barbari e delinquenti (veri o potenziali poco importa) dove buona parte del mercato delle armi leggere è dominato da armi trafficate clandestinamente nel paese da bande criminali.

Eppure non s'è mai registrato a memoria d'uomo un fatto di sangue come quelli che ormai quasi quotidianamente accadono nella Terra dei Coraggiosi (si, coraggiosissimi ma solo quando sono in tanti e armati fino ai denti); anzi, c'era questo aneddoto in Canada secondo il quale c'era stato – in questa città appena aldilà del confine statunitense – un solo morto ammazzato con armi da fuoco in dieci anni e indovinate un po' chi era lo sparatore omicida?

Un cazzo di americano.

Il che vuol dire che i primi responsabili sono sempre e solo LORO i discendenti dei puritani padri pellegrini gente che stava talmente sul culo ai loro stessi concittadini inglesi da spedirli a pascere le vacche all'ingrosso nel (allora) Nuovo Mondo purché si levassero dai coglioni!

...ed il suo assai più famoso predecessore... con la sparata che fece all'indomani
del massacro di Columbine, si guadagnò fama imperitura come uno dei
peggiori pezzi di merda mai partoriti su questo pianeta!
Ma la cosa che più mi fa specie, in una tragedia come questa, non è nemmeno tanto la cieca, stupida protervia della NRA e del suo presidente, Wayne LaPierre (con tutto il rispetto, spero che qualcuno gli spari presto, in bocca e coram populo, così da far vedere al mondo intero e soprattutto agli scherani dell'associazione cosa vuol dire essere ammazzati a colpi d'arma da fuoco da uno squilibrato) che all'indomani di una strage così fa apologia del diritto di pazzi e dementi ad andare in giro armati in barba a qualunque controllo – cosa per altro che il fu Chaltrone Heston fece in qualità di portavoce della NRA all'indomani della strage di Columbine, guadagnandosi istantaneamente il mio disprezzo sempiterno – quanto la corsa alle armi specie quelle messe... in pericolo dal preventivato bando presidenziale, da parte della gran massa di idioti a stelle e strisce che si sono precipitati nelle armerie di tutti e 50 gli stati dell'unione per acquistare cloni ed epigoni del fucile all american che più american non si può, cioè il derivato dal AR-15 (del quale il Bushmaster non è che una copia) progettato nei primi anni '60 da Eugene Stoner come arma d'assalto militare per le FF.AA. degli Stati Uniti allora coinvolti in Vietnam e poi adottato in buona parte del mondo occidentale come M-16.

A dire il vero, c'è stata un'unica, notevole eccezione: la catena WalMart nei cui punti vendita, capillarmente distribuiti in tutti gli stati dell'Unione, si vende di tutto ivi comprese armi e munizioni di ogni genere e calibro, ha già bandito tutte le armi della Bushmaster e i similari derivati del AR-15 dai propri scaffali.

È evidente che l'amara lezione loro impartita all'indomani della strage di Columbine a qualcosa è servita; non so se l'abbiano fatto per una crisi di coscienza ovvero per un bieco calcolo a tavolino, fatto sta che dopo la crisi che minacciò la compagnia dopo che venne dimostrato che i due squilibrati autori della strage nel liceo si erano approvvigionati senza colpo ferire e senza alcun controllo preventivo proprio al WalMart locale delle armi, delle munizioni e delle sostanze chimiche con le quali confezionarono le pipe bomb impiegate nella strage, adesso quando capitano di queste cose sono i primi a mettere le mani avanti!
NRA: da 136 anni orgogliosamente in prima linea per rendere in grado
schizzati e scoppiati di portare a termine le loro vendette a danno
della cittadinanza tutta... specie, aggiungo io, di quella che NON C'ENTRA
UN CAZZO con la loro oligofrenia violenta!

Che poi dico: non poteva esserci una migliore e più plateale dimostrazione d'idiozia collettiva più di questa, perché, nel caso in cui Obama e i Democratici dovessero per una volta tanto spuntarla rispetto all'ottuso oltranzismo Cicero pro domo industriae dei Repubblicani, secondo voi lo ATF – l'agenzia governativa per il controllo delle... sostanze nocive, ancorché legali, negli States (cioé alcool, tabacco e armi da fuoco) pensate proprio che permetterebbe a chicchessia di possedere o detenere in casa una delle armi bandite?

Io credo proprio di no... il problema è che – evidentemente – lo credono gli americani!

venerdì 21 dicembre 2012

Dio salvi il file-sharing...


...e stramaledica nel contempo tutti i grassatori che vorrebbero lucrare (e che purtroppo qualche volta ci riescono...) alle nostre spalle!

Forse non s'è capito ovvero non ricordo se l'ho mai detto esplicitamente, ma ho una sola, vera perversione e no, non ha a vedere con il fatto che sia un patito di armi da fuoco, di cinema e/o letteratura di genere oppure un maniaco sessuale sempre sull'attenti e pronto a far sfoggio delle proprie prodezze... atletiche, chiamiamole così per amor di patria, va'...

La mia bestia nera si chiama collezionismo e fa si che – qualunque sia il mio oggetto del desiderio – io non trovi pace fino a che non ce l'ho tra le mani.
In pratica, quando vi parlo di qualcosa, sia esso un film, un libro o un gadget (magari potessi annoverare tra questi ultimi anche i miei amati giocattoli semoventi ovvero i simpatici scoppiamortaretti che tanto mi appassionano) con i dovuti limiti imposti da decenza e budget, al 90% vuol dire che l'oggetto in questione è effettivamente in mio possesso.

Non mi piace parlare di cose così, per sentito dire, così come non mi azzardo a scrivere nulla se l'argomento non l'ho testato in prima persona... è così che i pochi metri quadrati in cui abito scoppiano letteralmente di roba, scritta, filmata o altro non importa.
Una delle "bestie nere" del collezionista di film di
genere: l'introvabile (almeno nella lingua di Dante)
Ilsa, La Tigre del Sesso
A meno che non ci sia costretto, io pretendo di avere in mano il real MacCoy come usano dire dall'altra parte dello Stagno Atlantico, in versione integrale e non censurata così com'è stata realizzata dall'autore.

Niente copie pirata (le odio cordialmente, le considero una truffa vera e propria), doppiaggi o riversaggi (a meno che non siano assolutamente necessari e soprattutto non li abbia fatti io con le mie mani) e quando mi riduco ad accontentarmi di una copia digitale è solo perché delle due l'una: o l'originale è fuori mercato e perciò altrimenti irreperibile ovvero ha un prezzo talmente elevato che non potrei permettermelo manco volendo.

Questo discorso è ancor più vero se vediamo alla terza delle famigerate 3 Gi di questo blog, già, proprio le splendide creature che il buon Dio, nella sua infinita saggezza (e per la nostra dannazione eterna quando non le abbiamo a portata di mano), ha voluto disseminare in questa valle di lacrime per il nostro piacere e per nostra compagnia, salvo poi veder stravolta tutta la storia con un'entrata a gamba tesa dei preti di ogni credo e religione, venuti a porre veti e definire peccaminosa qualunque attività tra quelle che si svolgono tra uomo e donna.

Tornando a bomba, dicevo che – nonostante la supposta abbondanza di materiale presente sulla rete – di solito preferisco attingere direttamente alla fonte per le mie esigenze in video, anche quando si tratta di film del genere Tripla-X per capirci; ho sempre acquistato, finché mi è stato possibile, i DVD originali ovvero negli ultimi tempi di magra, ho scaricato roba direttamente dai siti dei maggiori produttori/distributori su abbonamento.

La copertina della famigerata Perfect Collection
dell'anime sexploitation par excellence:
UROTSUKIDOJI
Solo quando sono alla canna del gas mi abbasso a cercare quello che mi interessa sui vari canali di file sharing (qualcuno ha nominato eMule?) cosa che in realtà mi stressa l'esistenza, vista la massa di morchia inguardabile che legioni di stronzi senza ritegno né dignità spacciano sulla rete, camuffandola il più delle volte, cosa che costringe l'utente a ore e ore di connessione buttate nel cesso per scaricare qualcosa che poi, alla fine, si rivela 8 volte su 10 un fake o fatta talmente a cazzo di cane da essere inutilizzabile.

C'è un'altra fonte, meno utilizzata ma non per questo meno valida, anzi, decisamente più valida dei vari sistemi peer-to-peer altrimenti in uso: il protocollo BitTorrent che per sua natura intrinseca fa si che le teste di cazzo che amano tanto fare scherzi sul web vadano a pascolare su altri lidi, dal momento che i server che condividono il materiale sono i computer stessi degli utenti che li postano e/o li scaricano.

A meno di essere dei deficienti integrali o ricchi di famiglia, difficilmente qualcuno lascia il proprio PC acceso a fare da server per giorni interi e consumare banda passante e spazio fisico sul proprio disco rigido solo per spacciare gratuitamente morchia.

Altra bestia rara del cinema exploitation, il famigerato
Ilsa, The Wicked Warden, in Italia: Greta, la Donna Bestia
Ma alla fine, chi la dura...
Purtroppo per... certe cose il torrent ha i suoi limiti, senza considerare che – almeno alle nostre latitudini – la quantità di materiale distribuito in italiano è per il momento piuttosto scarsa.
Se invece non avete problemi con la lingua inglese (a anche spagnola e francese), di roba ne potete trovare a cataste e – sempre per il discorso di cui sopra – di qualità superiore.

È stato solo grazie a questo programmino di file sharing che mi sono potuto approvvigionare, p.es., delle perfect collection (tanto per restare in tema di animazione per adulti) della famigerata serie Urotsukidoji che è altrimenti irreperibile a meno di voler cacciare dai 500 ai 750 dollari per una copia usata!
O meglio: in realtà se uno cerca sui maggiori siti di e-commerce nazionali e non, di titoli ne trova a iosa ma non c'è alcuna garanzia che si tratti della versione che stiamo cercando, nel mio caso quella uncut e uncensored dell'opera.

Stesso dicasi, passando invece alle produzioni live, siano esse produzioni di genere ovvero film dedicati ad alcune delle regine del hard nostrane: le case di distribuzione italiote (e diciamo la verità, anche parecchie di quelle ameridiote) spacciano sui loro siti DVD a prezzi che definire oltraggiosi sarebbe un eufemismo.

L'ultimo esempio, per quanto mi riguarda, è avvenuto con il quarto film (ancorché considerato spurio dalla critica) delle serie dedicata a Ilsa il personaggio sadico e sessualmente predatorio interpretato dall'attrice maggiorata americana Dyanne Thorne negli anni '70; di questo film, girato dal notorio regista e maestro del exploitation Jess (o Jesus) Franco e noto nel Belpaese col titolo di Greta, la donna bestia ne esistono attualmente sul mercato (in edizione rigorosamente in lingua inglese come al solito) almeno 4 o 5 edizioni e non c'è verso, nonostante giorni di ricerche, di riuscire a sapere quale delle tante è la famigerata edizione integrale e non censurata.

Alla, fine, come per il summenzionato Urutsukidoji mi sono dovuto arrangiare e dopo giorni di paziente attesa alla fine sono riuscito a scaricare quello che volevo e per di più con tracce audio multiple tra cui quella in italiano!

Una vera e propria "regina del proibito" nel senso che procurarsi un DVD con lei come protagonista ha COSTI PROIBITIVI: la splendida sosia in salsa italica della Hunziker internazionale, MICHELLE FERRARI
Il problema, insomma, è che alcuni titoli (ed alcune protagoniste) sono considerati ancora oggi dei must assoluti, dei veri e propri cult per i quali – evidentemente – c'è gente che è ancora disposta a sborsare cifre fuori mercato; 25-50 euro a disco (quando dice bene) non è commercio: è una rapina bella e buona, che andrebbe sanzionata con il carcere a vita... scherzi a parte (e chi cazzo stava scherzando!?), tornando per esempio al caso dei film hard veri e propri, c'è poco da scandalizzarsi se le produzioni estere – magari anche con protagoniste di primo piano come la mia adorata Silvia Saints o la stupenda Sophie Evans (dite quel cavolo che vi pare, mi fa letteralmente svalvolare!) o la bambolona supermaggiorata Rita Faltoyano – scavalcano sul mercato quelle nostrane.

Quella roba la trovi tranquillamente a 3 euro a disco anche sui banchi dei mercati rionali; prova a cercare un film con protagoniste Eva Henger, Edelweiss o l'altra bionda d'assalto Brigitte Bui (un tempo nota come Brigitta Bulgari prima della sentenza che ha proibito alla starlette di adoperare il nome della nota famiglia di gioiellieri), ovvero dell'italianissima Michelle Ferrari e vedi che razza di cifre ti sparano, manco l'acquisto del video intitolasse il possessore al diritto di passare (magari fosse!) una notte di folle passione con la diva in questione!

...e l'altrettanto ostica, in termini di reperibilità ad un prezzo decente, BRIGITTE BUI, come dire "dall'Est Europa con furore! Ancora oggi non si trova UN VIDEO della Pink'O con lei protagonista che non sfoghi MINIMO 20 euro... e questo nelle edicole!!!
Per questo anche io mi sono dovuto adeguare ed è con somma convinzione che affermo che – in caso di ladrocini autorizzati a norma di legge come quelli che vi ho descritto – ben vanga il tanto criminalizzato file-sharing... a condizione, ovvio, che per scambio di file non si intenda lo smercio di copie piratate al cinema o negli studi di registrazione che oltre a fare schifo violano in modo palese qualunque legge sulla proprietà intellettuale.

mercoledì 19 dicembre 2012

Questa è davvero strepitosa...


Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa la (ex) ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna paladina di qualunque minchiata discriminatoria e sessista – ogni riferimento alle sue recenti uscite sul cosiddetto femminicidio è puramente, volutamente casuale – riguardo questa notiziola uscita qualche tempo fa sul New York Post un quotidiano che – benché ameridiota – è piuttosto blasonato anche qui da noi, riguardante un caso eclatante, questo si, di discriminazione sessuale avvenuto niente meno che in uno dei magazzini della premiata ditta di lingerie Native Intimate.

Pietra dello scandalo, la... prorompente femminilità della dipendente incriminata, che è stata licenziata in tronco per il suo abbigliamento inadeguato, a detta della dirigenza, a coprire le abbondanti forme della 29enne Lauren Odes la protagonista di questa storia assai poco edificante.

Per farvela breve, la Odes viene contattata dall'equivalente ameridiota di una società interi(a)nale per prendere servizio, in qualità di addetta al data entry, per la summenzionata ditta Native Intimate, operante nell'area di New York, specializzata, manco a dirlo, in intimo femminile del tipo sexy nientemeno.

Lauren, dal canto suo, pur non essendo a mio parere questo esemplare da urlo ha parecchia mercanzia da mettere in mostra, specie ai... piani alti ed è comunque piuttosto caruccia in generale; probabilmente, se decidesse di cambiare carriera, potrebbe trovare un posto assai ben remunerato nel mondo del Adult Entertainment ma dal momento che è una ragazzona tutto sommato normale e con normalissime aspirazioni, preferisce di gran lunga guadagnarsi da vivere svolgendo una normalissima – se pur pallosa, credete a me che l'ho fatto per anni – attività di inserimento dati/lavoro d'ufficio.

Il bello poi è che la nostra bambolona bionda non sta nemmeno a contatto col pubblico in quanto lavora negli uffici della ditta.
Eppure, dopo pochi giorni dal suo ingresso in servizio, comincia a subire pesanti pressioni specie da parte della dirigenza, riguardo il suo modo di vestire e la prorompente abbondanza del suo décolleté in particolare.

Eppure, si difende lei, non è che vada in giro in abiti particolarmente succinti o discinti: indossa di solito abiti un po' attillati, questo si, e stivaletti di cuoio ma niente di così provocante e comunque si è perfettamente adeguata al vestiario delle sue colleghe, così come le è stato esplicitamente detto dal suo capo al momento dell'assunzione.

In effetti, se le foto che la rappresentano assieme al suo avvocato sono indicative del tipo di abbigliamento che la Odes indossa di solito (e sentendo i commentatori americani, pare proprio che sia questo il caso) io stesso non ci vedo nulla di particolarmente scandaloso, anzi... mi sembra piuttosto castigata, anche se indubbiamente... abbondante!

E poi dico, santa miseria: ma se una c'ha una quinta di seno, che deve fare? Tagliarsi una o entrambe le mammelle come usavano fare le guerriere Amazzoni?

Fatto sta che un bel giorno, dopo averle chiesto addirittura di (non ridete, è tutto vero!) nastrarsi i seni per comprimerli e renderli meno appariscenti, le impongono di indossare un accappatoio in ufficio, ergo, andarsi a procurare ipso facto qualcosa di più adatto a coprire le sue forme.

A parte l'umiliazione – che già di per sé a casa mia configurerebbe il reato, assolutamente dimostrabile in questo caso, di mobbing plateale – la nostra riceve poi il benservito per telefono (altra bella vigliaccata) proprio mentre è in giro per ottemperare all'ennesima richiesta del dirigente.

A questo punto, alla faccia di discriminati e discriminanti, vengono fuori un bel po' di altarini, perché si scopre che la Odes è stata eminentemente trombata per volere del proprietario della Native Intimates, un ebreo ortodosso che evidentemente, al pari degli ortodossi, oltranzisti e fondamentalisti di ogni credo e latitudine, ritiene che l'unica forma di abbigliamento possibile per una femmina sia il burqa o un suo stretto equivalente.

Shoccata? Basita? E lo credo bene... QUESTE sono
discriminazioni, cara la mia (ex) Ministro delle pari
fregnacce!
Che poi mi domando e dico, va bene che gli ebrei – almeno a Roma – è dal tempo dei papi che hanno fama di essere commercianti con pochi scrupoli e soprattutto attaccati al soldo, però, porco cane, qui rasentiamo la barzelletta: hai di questi pruriti riguardo il come una donna dovrebbe (condizionale quanto mai obbligatorio) andare in giro e possiedi un notorio negozio di intimo femminile vieppiù conosciuto in quanto spaccia senza ritegno tanga, minislip, giarrettiere e guepiere con scritte e loghi del tipo “da questa parte”, “sexy”, cuoricini e diavoletti stampati nei... punti strategici?!

Alla faccia della coerenza... dire che ci troviamo di fronte ad un caso di schizofrenia galoppante sarebbe un eufemismo.

Per finire, un consiglio spassionate ed amichevole per il nostro puritano con la kippah: dal momento che non è obbligatorio commerciare in determinati settori merceologici, fai un favore a te stesso e al mondo: cambia mestiere!



C'è sempre da imparare, anche dai famigerati cartoni animati japanzi

E' da un'immagine come questa che mi sono reso conto di NON conoscere
il pezzo d'artiglieria in questione, ed essendo l'autore un disegnatore di manga
realistici, non poteva che esistere da qualche parte...

Pensavo di conoscere tutto (o quasi) lo scibile riguardante le moderne armi leggere da combattimento ma devo ammettere che in un paio di settori ho ancora qualche lacuna ed uno di questi è quello che riguarda le cosiddette armi antisommossa, simpatico nomignolo sotto il quale gli americani annoverano i famigerati fucili a pompa ovvero i semiautomatici a canna liscia che – alle nostre latitudini – sono impiegati principalmente per l'uso diportivo o venatorio.

È stato così che – tanto per tornare al discorso sugli anime del post scorso – mentre visionavo (in originale giapponese con i sottotitoli in inglese, visto che l'edizione italiana, oltre a costare un botto, secondo i feedback pubblicati su tutti i maggiori siti di e-commerce italioti, fa anche cagare) l'ultima fatica in animazione tratta dal manga di Rei Hiroe, il sequel in una miniserie in 5 episodi di Black Lagoon – un must see assoluto per chi ama il genere delle bad girls with guns – mi sono imbattuto in una strana arma da fuoco a me sconosciuta... 
 
Ohibò! Mi sono detto, cos'è questa cosa novella?

Di primo acchito, l'avevo presa per una PM-63 RAK polacca – arma tra l'altro già adoperata dalla protagonista in uno dei primissimi episodi della serie animata trasmessi a suo tempo su MTV – ma le dimensioni imponenti, il fatto che sparasse colpi singoli ed i bossoli espulsi decisamente enormi mi hanno fatto istantaneamente ricredere.

Il MAG-7 originale come costruito secondo le specifiche di progetto.
Ho quindi fatto qualche indagine presso i siti di appassionati di anime meglio informati di me sull'argomento ed ho scoperto l'esistenza del MAG-7, l'arma che vi vado ad illustrare.
Il MAG-7 è un fucile a canna liscia con funzionamento a pompa fabbricato dalla sudafricana Techno Arms PTY sin dal 1995; venne sviluppato come arma per il combattimento ravvicinato, in modo da combinare il minimo ingombro di una pistola mitragliatrice compatta con la devastante potenza di fuoco a corto raggio di un fucile a pompa.

Il progetto prevedeva un caricatore a scatola amovibile da 5 cartucce inserito nell'impugnatura a pistola (come avviene sulla UZI, tanto per capirci); grazie ad una ricerca mirata venne dimostrato che le cartucce standard calibro 12 fornivano un potere d'arresto più che adeguato alle normali distanze d'ingaggio per le quali l'arma era stata progettata, il che portò allo sviluppo e all'utilizzo di speciali cartucce corte calibro 12 (60mm di lunghezza, rispetto ai 70mmm delle munizioni convenzionali) che nel MAG-7 fornivano una gittata efficace di circa 40m anche se i pallettoni hanno una letalità dimostrata fino al doppio della distanza.

Per finire, il MAG-7 è dotato di un calciolo in lamierino metallico ribaltabile e amovibile.
Di quest'arma vennero inizialmente prodotti due modelli: il MAG-7 originale ed il modello civile MAG-7M1 che differisce rispetto al modello standard per la canna più lunga e la calciatura lignea inamovibile, per venire incontro ai requisiti del National Firearms Act statunitense nonché alle legislazioni vigenti in molti altri paesi occidentali, che prevedono per i fucili a canna liscia una lunghezza della canna non inferiore ai 18 pollici ed una lunghezza complessiva di almeno 26 pollici.
La versione "civile" MAG-7 M1... notare la canna lunga e la calciatura fissa
Va da sé che con dimensioni del genere, il concetto originario di un'arma potente e compatta per l'impiego in scontri a distanza ravvicinata va tranquillamente a farsi benedire, con buona pace dei progettisti.

Anche se il modello era nato per l'impiego da parte delle forze di polizia e per l'uso militare in scenari di combattimento urbano, il mercato si è dimostrato tutt'altro che prodigo in quanto alle richieste per quest'arma, a causa di alcune problematiche legate alla progettazione.

Una di queste riguardava la leva della sicura sul lato sinistro del ricevitore in acciaio stampato, sopra l'impugnatura a pistola, che era impossibile utilizzare senza rimuovere fisicamente la mano sinistra dal leveraggio a pompa, manovra che risultava ancor più complicata se si indossavano guanti.
Lo stesso problema si presentava per il pulsante di blocco dell'otturatore scorrevole.
Questi problemi vennero alla luce nei primi modelli importati negli States, al che la compagnia focalizzò l'attenzione sulla risoluzione degli stessi, alleggerendo la resistenza della leva di sicura e scavalcando il pulsante di blocco della slitta.

L'utente può adesso operare entrambi i congegni di sicurezza senza dover staccare la mano dal meccanismo a pompa.
Altro problema non indifferente era la forza di trazione sul grilletto di quasi 8 kilogrammi che è stata ridotta ad uno standard più amministrabile di 3,5 kilogrammi.

Una delle ultime versioni della MAG-7, secondo le specifiche rimodernate.
Com'è facile prevedere, poi, un altro problema riguarda le cartucce calibro 12x60mm, che sono piuttosto difficili da reperire anche se possono essere impiegate le mini-cartucce prodotte dalla messicana Aguila Ammunition Company ma non senza problemi di affidabilità.
Sembra infatti che non se ne possano inserire più di 3 nel caricatore senza provocare un inceppamento, così come si dice che si possano impiegare le cartucce standard calibro 12 modificandole per ridurne la lunghezza ai famigerati 60mm, in modo da poterle alimentare nella camera di scoppio.

Per quanto mi è dato sapere, la Techno Arms (PTY) Ltd. che si trova a Moddenfontein in Sud Africa, è tuttora attiva e sta cercando di mettere sul mercato le sue creature (i summenzionati modelli MAG-7 e MAG-7M1) assieme al nuovo M7 Dual Riot un'arma basata sul MAG-7 sul quale sono stati montati un calcio metallico fisso ed un lanciagranate a colpo singolo da 37mm a canna basculante per munizioni a bassa letalità per l'impiego antisommossa, simile al Milkor Stopper 37 prodotto dalla stessa compagnia.
Fabiola, una delle new entry dell'universo di Black Lagoon...
indovinate un po' COSA sono i due cannoni che impugna?

Detto questo, non mi resta che puntualizzare una cosa, di cui forse nemmeno l'autore del manga originale (e di conseguenza, i realizzatori del anime) si sono resi conto: trattandosi di un fucile a ripetizione con otturatore scorrevole altrimenti comunemente noto come fucile a pompa proprio per il peculiare movimento della leva di caricamento, è assolutamente impossibile che il personaggio del cartone animato possa farne uso con una mano sola... perché una volta esploso il colpo in canna, se non si “pompa” la leva non si può espellere la cartuccia spenta e ricaricare la camera con una cartuccia fresca, mentre nell'animazione la ragazzina (perché di questo si tratta, vedere per credere) piroetta e salta di qua e di là sparando senza sosta senza mai staccare le mani dalle impugnature a pistola delle armi, visto che ne usa due in contemporanea.

Se a questo aggiungiamo il piccolo particolare che ciascuno di questi giocattoli pesa la bellezza di 4 kilogrammi, va da sé che – anime o no – l'azione che vediamo sullo schermo, per quanto spettacolare, diventi assai improbabile, specie considerando il notevole rinculo che una scarica di pallettoni produce, anche quando esplosa da una cartuccia corta come quelle impiegate dal MAG-7...

vogliamo dire che si tratta di un errore veniale perdonabile in nome della sospensione dell'incredulità?
OK, diciamolo pure, però da un autore che sul connubio belle ragazze e armi da fuoco ha fatto le sue fortune, mi aspettavo qualcosa di meno plateale e di più ragionato, anche se, ripensandoci come i cervidi, in effetti i giapponesi – con le dovute eccezioni – non sono certo famosi per essere dei grandi esperti di armi.